Capitolo XVI

Testo Completo- Scappa, scappa, galantuomo: lì c'è un convento, ecco là una chiesa; di qui, di là, - si grida a Renzo da ogni parte. In quanto allo scappare, pensate se aveva bisogno di consigli. Fin dal primo momento che gli era balenato in mente una speranza d'uscir da quell'unghie, aveva cominciato a fare i suoi conti, e stabilito, se questo gli riusciva, d'andare senza fermarsi, fin che non fosse fuori, non solo della città, ma del ducato. "Perché", aveva pensato, "il mio nome l'hanno su' loro libracci, in qualunque maniera l'abbiano

Capitolo 4 - Che Senso può Aver il Perdono?

Sappiamo come si svolge la vicenda della conversione di Lodovico e come si conclude. Ma anche riguardo ad essa, vorrei soffermarmi su un aspetto forse un po' trascurato: la richiesta del perdono di padre Cristoforo alla famiglia dell'ucciso, radunata in pompa magna per scrivere una bella pagina nella storia della famiglia.Il giovane, generoso ed irruente, non fa nulla per apparire grande, e non è nemmeno cosciente della bellezza del gesto che compie: quel che predomina in lui è la dolorosa consapevolezza della colpa, che non lo schiaccia, perché il miracolo della conversione ha illuminato di nuovo significato ogni suo gesto: la sua vita sarà infatti d'ora in poi un tentativo di riparazione di quel fatto che ha portato all'uccisione per lui e da lui di due uomini.
E' incredibile: in un mondo che non conosce la vera pietà, quella che cerca di abbracciare il cuore dell'uomo che ha bisogno di dare un significato positivo e non umiliante anche ai fatti più tragici, Manzoni sembra voler ripetere (meno male che teoricamente la conoscenza del suo romanzo è obbligatoria nelle nostre scuole) che l'uomo può essere più grande del male che ha compiuto, che l'errore non è quello che lo definisce, perché è chiamato ad una dignità … incalcolabile!
E sconvolgente sembra il fatto che un giovane religioso, con il suo solo atteggiamento e con la sola espressione del volto da cui traspare il reale pentimento per ciò di cui è stato responsabile, riesca a trasformare completamente il comportamento di quel folto accorrere di familiari del nobile morto: Il volto ed il contegno di fra Cristoforo disser chiaro agli astanti, che non s'era fatto frate, né veniva a quell'umiliazione per timore umano: e questo cominciò a conciliarglieli tutti.Tale fatto necessita di due sottolineature: la prima consiste nel rilevare che paradossalmente è sufficiente che anche una sola persona recuperi la verità del proprio essere, perché tutto cambi in essa e intorno ad essa. Ma tale cambiamento ha bisogno di un cuore assetato di verità e di una proposta seria di ciò che è vero e che può essere liberamente abbracciato… e nel '600 tutta la mentalità era fondamentalmente cristiana e offriva in modo inequivocabile tale proposta, senza troppi psicologismi che finiscono con l'annacquare anche le cose più belle.
La seconda sottolineatura è la facilità con cui il folto pubblico di orgogliosi nobili, - anche se la storia non dice che a loro dolesse molto dell'ucciso, e nemmeno una lagrima fosse stata sparsa per lui, in tutto il parentado -, è disposta, davanti all'umile e profonda compunzione del male a cui la remissione degli uomini non poteva riparare, al perdono commosso.
Evidentemente la disponibilità al perdono non era un fatto così estraneo alla cultura del tempo. Infatti percepiamo nella narrazione una sorta di sospiro di sollievo tra quel parentado apparentemente radunato per una soddisfazione del proprio orgoglio di casta: La compagnia si trattenne ancor qualche tempo, con una bonarietà e una cordialità insolita (…) e taluno, che, per la cinquantesima volta, avrebbe raccontato come il conte Muzio suo padre aveva saputo, in quella famosa congiuntura, far stare a dovere il marchese Stanislao, ch'era quel rodomonte che ognun sa, parlò invece delle penitenze e della pazienza mirabile d'un fra Simone, morto molt'anni prima.
Perché l'orgoglio, la superbia sono sì tentazioni cui è facilissimo cedere, ma la serenità, la concordia che sono conseguenze di una giustizia vera, sono molto più interessanti e gratificanti, solo se si ha la libertà di seguire il proprio cuore assetato di pace vera.

Capitolo XXXI - Analisi e Commento

La Struttura
Come si è visto nella lettura del romanzo, il Manzoni è solito interrompere il racconto con delle digressioni. In questo capitolo si analizzano le origini e lo sviluppo della terribile epidemia di peste.
Il racconto si articola in tre parti:
a) Descrizione della diffusione dell'epidemia e analisi degli inefficaci provvedimenti messi in atto dalle autorità;
b) Descrizione del comportamento irrazionale della gente;
c) Il racconto degli atteggiamenti folli della gente, come ad

Capitolo 4 - Mentre Lodovico Diventa Padre Cristoforo...

Mentre lasciamo che il Manzoni ci racconti come il giovane Lodovico diventa padre Cristoforo, può essere interessante soffermarsi su certe considerazioni del nostro autore, che davanti ai drammi di coscienza, coinvolgendosi pienamente con la storia dei personaggi, ricorda tutta la serietà della vita. Ma sono diversi i metodi con cui si accosta alle vicende dei suoi personaggi: è stato detto infatti che il metodo della conoscenza è imposto dall'oggetto.
Il primo - e ne abbiamo già accennato - è la sana ironia, così abituale in Manzoni, che è segno di accoglienza ed abbraccio della fragilità umana in una com-passione che ricorda che siamo tutto fratelli.
La vita è però una cosa seria e ci sono dei momenti in cui bisogna affrontarla senza disperarsi, ma guardando in faccia alla realtà per quello che è, e non per quello che noi vorremmo che fosse: sono i momenti dell'azione o del tentativo di affrontare la situazione in modo positivo; e sono i momenti che vedono i protagonisti del romanzo misurarsi dignitosamente con forze apparentemente più potenti. In tale contesto Manzoni si limita a descrivere i fatti rispettando la serietà dell'impegno consapevole del personaggio: e questo è il secondo metodo, imposto dall'oggetto.
Quando poi si tratta di affrontare la malvagità pura e fine a se stessa, Manzoni , senza voler dare alcun giudizio morale, si limita a guardare dolorosamente e descrivere fedelmente quello di cui è capace l'animo umano, che non obbedisce ad altri che a se stesso.


Tornando all'ironia, constatiamo che è privilegiata dall'autore come metodo di affronto di tutte le umane fragilità, cioè in quelle situazioni in cui il personaggio è in balia di avvenimenti che non riesce a controllare o non riesce ad investire di un giudizio consapevole.
E in questa linea si pone tutta la vicenda del padre di Lodovico. A proposito di questo, la prima reazione divertita che viene spontanea e immediata anche al lettore più inesperto è relativa a tutta la circospezione da lui creata circa le proprie origini di mercante. Ma sarebbe interessante chiedersi il perché di tanto dramma rispetto ad un passato ritenuto disonorevole.
Già: perché vergognarsi del proprio passato? Perché è così difficile riconciliarsi anche con la propria storia di errori?
Credo che la risposta sia proprio la concreta mancanza di un padre e la incapacità di trovare una reale consistenza al proprio esistere. Perché una figura paterna è quella che ci aiuta a capire il senso vero della nostra vita e della realtà; e proprio per questo aiuta a non considerare nessuna circostanza, anche apparentemente negativa, come nemica.
Ma se non esiste una visione esauriente della realtà e del suo significato si è inevitabilmente preda delle mode e delle convenzioni sociali del tempo e dello spazio in cui viviamo: così capita appunto al padre di Lodovico.


Anche il giovane Lodovico vive il dramma del padre, ma in modo molto più profondo. Vi è un'inquietudine esistenziale, che nasce dolorosamente da un cuore che vorrebbe esprimersi nel tentativo maldestro di diventare un protettor degli oppressi e un vendicatore dei torti, e che è costretto per amor della giustizia a vivere co' birboni.
In tutta questa insolubile contraddizione, che lo trova profondamente insoddisfatto, accade l'inevitabile: il duello con un nobile prepotente accompagnato dai suoi bravi e l'uccisione dell'avversario. E profondamente umano e doloroso è il vivo ricordo de l'alterazione di quel volto, che passava in un momento, dalla minaccia e dal furore, all'abbattimento e alla quiete solenne della morte: è stato un fatto tragico in cui Lodovico ha una responsabilità oggettiva agli occhi della legge; però anche lo sguardo, solo lo sguardo, del nemico che trascolora nella morte, da lui causata in un concitato momento di smemoratezza, diventa uno strumento per la sua nuova nascita, per la sua conversione, perché gli mostra la realtà sotto una luce diversa e più drammaticamente vera.


Concludendo: tecnicamente sembra siano diversi i metodi con cui Manzoni presenta i suoi personaggi; in realtà quello che lo muove è un unico profondo amore, pieno di compassione e di rispetto, per i suoi personaggi, (dietro i quali si nascondono sicuramente delle persone ben precise e forse la sua propria persona) nei confronti dei quali non usa mai il moralismo impietoso, tanto caro a chi, anche nei nostri tempi, non sa rapportarsi con la realtà propria e altrui se non in modo violento e chiuso ad ogni tentativo di comprensione.

Capitolo XXX - Analisi e Commento

La Struttura
Il capitolo 30° è la naturale continuazione del precedente e vede protagonista don Abbondio che, accompagnato dalle due donne, si sta recando al castello dell'Innominato. Il pavido curato durante questo viaggio viene messo di fronte a fatti più grandi di lui come la discesa dei lanzichenecchi e i saccheggi.
Mai come in questo capitolo è visibile l'intreccio tra la storia dei personaggi (chiamiamolo "microstoria") e la storia reale (chiamiamola "macrostoria") rappresentata dalla guerra. Queste intersezioni sarannio il leit-motiv degli ultimi capitoli del romanzo nei quali domineranno i grandi eventi storici.

Capitolo XXIX - Analisi e Commento

La Struttura
Si riprende il filo narrativo dopo la lunga digressione storica che ha occupato gran parte del capitolo 28. Possiamo dividere questo capitolo in due fasi:
Prima fase: descrizione del viaggio di don Abbondio, Agnese e Perpetua verso il castello dell'Innominato;
Seconda fase: Digressione sul cambiamento di vita dell'Innominato.
Una considerazione: questo capitolo rappresenta, insieme al trentesimo, una pausa che raggiunge talvolta punte di umorismo, prima che si ritorni a parlare della peste.

Capitolo XXVIII - Analisi e Commento

La Struttura
I grandi avvenimenti di cui si era accennato nel capitolo 27, vengono alla luce in questo capitolo: si parla infatti della carestia e dei suoi drammatici effetti. Il capitolo si apre con un flash-back che consente di ripercorrere i fatti storici dall'autunno del 1928 all'autunno del 1629. Il tempo della storia e del racconto ritornano a coincidere al termine della sezione. Possiamo schematizzare la struttura del capitolo dividendolo in tre sezioni:
a) Il racconto dell'inarrestabile processo economico che conduce

Capitolo XXVII - Analisi e Commento

La Struttura
Potremmo intendere il capitolo 27 come una sorta di intermezzo tra la prima fase del romanzo, incentrata principalmente sulle vicende di Renzo e Lucia, e la seconda, che contempla argomenti quali la peste e la carestia.
La digressione storica che apre il capitolo (vi è un'analisi dei motivi legati alla guerra di successione per Mantova e il Monferrato) si intreccia con le vicende dei protagonisti. Per prima cosa il lettore viene a conoscenza del modo che Renzo è riuscito a trovare per rimanere in contatto con Agnese e Lucia: il rapporto epistolare, tramite il quale Agnese gli manda la novella del voto fatto da Lucia.

Capitolo XXVI - Analisi e Commento

La Struttura
Gran parte del capitolo ventisei è occupato dal dialogo, per altro già iniziato nel precedente, tra don Abbondio e il cardinale. Il colloquio tra i due personaggi è quindi un'unica sequenza suddivisa in due parti; la prima prende il capitolo 25 dove era stato posto l'argomento della discussione ovvero la mancata celebrazione delle nozze, mentre nella seconda, nel capitolo in analisi, abbiamo don Abbondio che espone e cerca di difendere il proprio "sistema di vita".
Al termine del dialogo, l'attenzione del narratore si sposta sulle due

Capitolo XXV - Analisi e Commento

La Struttura
Il 25° capitolo rappresenta la continuazione ideale dell'ottavo, che, lo ricordiamo, si era concluso con il fallimento della notte degl'imbrogli. Nella prima parte si descrive il rientro di Lucia e della madre al paese e la conseguente necessità di trovare un rifugio che porterà all'introduzione di due nuovi personaggi: don Ferrante e donna Prassede. Questo capitolo è importante essenzialmente perché porta a compimento varie fasi del racconto che si dovevano ancora concludere. La struttura del capitolo presenta un frequente uso di flashback ("dopo che l'aveva lasciata, eran nate delle cose, che dobbiamo raccontare") e una mancata coincidenza di fabula e intreccio.

Capitolo 4 - Padre Cristoforo e Lucia: Paternità e Figliolanza

Anche il quarto capitolo si apre con una descrizione paesaggistica, ma, mentre nel primo capitolo lo sguardo era pacifico e quasi contemplativo, ora il quadro si colora degli effetti autunnali di una natura che risente del lungo periodo di carestia; ma soprattutto sembra che questo sfondo sia come una preparazione dolente all'ingresso nella scena di un altro dei personaggi più significativi del romanzo.

Si tratta di padre Cristoforo, che si affretta sollecito alla casa di Lucia perché ha saputo della situazione.

Naturalmente il Manzoni si sente in dovere di spiegare tale sollecitudine e ci parla della storia tormentata del personaggio.

Ma, prima di soffermarmi sulla storia, vorrei un momento riflettere su Lucia che pensa a lui come all'unico che possa offrire una soluzione alla difficile situazione e sullo stesso padre Cristoforo che non esita a venirle in aiuto.

Credo che questa confidenza filiale e paterna dell'uno e dell'altro personaggio meriti un po' di attenzione.

Lo stesso Manzoni la spiega con tutta la storia di Lodovico, diventato frate in seguito a una vicenda che l'ha visto protagonista di un duello doppiamente mortale. Ma piuttosto che accettare acriticamente la giustificazione dell'autore, credo sia necessario cogliere il messaggio nascosto di questo rapporto di paternità e figliolanza che lega Padre Cristoforo e Lucia.

Lucia è evidentemente orfana di padre e come si sa la figura del padre è essenziale nella vita di una persona, non solo di un bambino (perché anche gli adulti in fondo non sono altro che dei bambini cresciuti). E la figura del padre è quella che ha innanzitutto il compito di introdurci nella conoscenza della realtà totale e nel rapporto adeguato con essa. Tale figura non può quindi essere relegata al semplice concepimento, anche perché la realtà è sempre nuova e richiede una capacità di accoglienza e di giudizio che non si impara una volta per tutte. Occorre che ci sia sempre, nel presente, un punto di riferimento, preferibilmente affettuoso e capace di accoglierci e perdonarci anche nei nostri errori; in fondo è questo ciò di cui abbiamo bisogno per vivere: di uno che ci ami, ci stimi e ci perdoni… Solo da questo tipo di rapporto infatti può nascere una visione positiva della realtà anche nelle situazioni più difficili.

Ecco il Padre, - che è segno di una paternità più grande che è quella di Dio -, è proprio questo nella sua accezione più vera, e non è indispensabile che sia per tutta la vita il padre naturale. Si può essere realmente padri, in un modo molto più difficile e gratificante, se si ha consapevolezza e la volontà di aiutare a maturare, nella conoscenza e nell'affronto adeguato della realtà, i figli naturali e non… che son poi tutti figli di Dio.

In tale contesto si capisce la posizione di Lucia, che ha certo la madre che ha il compito della tenerezza e dell'affettività che consola; ma il compito del padre, che è roccia cui aggrapparsi, è per lei realizzato dal padre spirituale, padre Cristoforo appunto.

Padre Cristoforo ha invece tutta una storia travagliata di un padre che, vergognandosi di essere mercante, ha voluto educarlo come i migliori cavalieri e nobili del tempo; e così l'ha introdotto in un mondo di orgoglio e presunzione nel quale il giovane Lodovico si trova a disagio; al punto che gli era saltata la fantasia di farsi frate: si trattava però di vaghe fantasie che non avrebbero avuto realizzazione se non fosse intervenuto quel fatto drammatico che l'ha reso, suo malgrado, responsabile di due omicidi.

Ma una volta presa la decisione, nulla lo farà desistere dal suo desiderio di emendarsi e di vivere docilmente la nuova strada che la Provvidenza gli ha indicato e che è appunto quella della paternità spirituale.

Capitolo XXX - Riassunto

Nonostante che la maggior parte delle persone cerchi asilo e protezione nel castello, salendo dalla parte opposta a quello di don Abbondio, questi, vedendo che altri compagni di sventura si avviano verso il castello dalla sua parte, incomincia a borbottare, perché pensa che tanta gente attiri i soldati, che " crederanno che lassù ci siano tesori". Né serve sapere a don Abbondio che il castello è fortificato, in quanto, dice lui, è proprio il mestiere dei soldati espugnare le fortezze. Insomma, costui, egoista ed inumano, noncurante dei mali altrui, vorrebbe il castello solo per sé.
Giunto alla Malanotte con Perpetua e Agnese, nel vedere un

Capitolo XXIX - Riassunto

All'arrivo devastatore dell'esercito dei lanzichenecchi, alleato degli Spagnoli politicamente e militarmente, ma autentica bufera per la popolazione esposta al saccheggio impunito e a ogni forma di violenza, anche la gente del paese di don Abbondio scappa verso territori ritenuti più sicuri. Deve fuggire anche lui: e Perpetua lo sollecita ad uscire dal torpore e a dare una mano d'aiuto, invece che a riempire la casa di lamenti improduttivi e a dipingersi come da tutti abbandonato. Agnese suggerisce un rifugio sicuro: il castello dell'Innominato. Prima di partire Perpetua ha sepolto sotto un albero le poche ricchezze della casa: si ritiene furba anche lei. Al

Capitolo XXVIII - Riassunto

Questo è un capitolo in cui il Manzoni abbandona di nuovo i suoi personaggi, per tracciare un quadro storico degli avvenimenti successivi alla sedizione di San Martino, che ebbe come conseguenza un ribasso del prezzo del pane; un ribasso che risultò fatale, in quanto la plebe, affamata, si abbandonò ad uno sfrenato consumo, e troppo tardi se ne avvide delle conseguenze disastrose, perché così facendo, non solo rendeva impossibile una lunga durata

Capitolo XXVII - Riassunto

La guerra per la successione del ducato di Mantova, che aveva visto di giorno in giorno l'Italia settentrionale coinvolta nella guerra europea che prende il nome di guerra dei trent'anni, impegnava del tutto l'attenzione del governatore don Gonzalo. Temeva questi che anche Venezia volesse scendere in campo contro la Spagna: bisognava cercare di distoglierla facendo la voce forte contro la Repubblica veneta. E l'occasione fu fornita a don Gonzalo dalla notizia che Renzo si era rifugiato nel territorio bergamasco. Di qui la finzione delle ricerche condotte per accertare se Renzo era

Capitolo XXVI - Riassunto

Don Abbondio non trova argomenti da opporre alle incalzanti e sempre religiosamente concrete domande del cardinale. C'è un'altra accusa contro di lui: quella di non avere sposato i due promessi ricorrendo a pretesti. È tutto vero e lui, il curato, dentro di sé non ha altro da dire che mandare qualche parola di condanna alle donne che non hanno saputo frenare la loro lingua. Ma insomma, conclude il curato, cosa avrei potuto fare in una situazione come quella? Prima, risponde il cardinale, doveva fare il suo dovere e sposarli, poi avrebbe potuto chiedere l'intervento del suo vescovo (la stessa cosa che aveva a lui suggerito Perpetua). Ma Federigo

Capitolo XXV - Riassunto

Don Rodrigo non aveva ancora interamente gustata la gioia del trasferimento di padre Cristoforo che su di lui si abbatte la notizia della conversione dell'Innominato e della conseguente liberazione di Lucia. La gente presto ricostruisce la trafila che conduce a lui: nulla altro può fare che scappare a Milano, inseguito dalla vergogna dell'insuccesso. Si allontana dal paese la sua ombra minacciosa e vi approda in visita il cardinale, sempre festosamente accolte, tanto più perché nel miracolo da lui compiuto vi è implicata una loro paesana. L'unico uggioso in tanta festa è don Abbondio, che fa i doveri di ospite in modo inappuntabile. Però è sull'attenti; il

Capitolo XXIV - Riassunto

Lucia s'era destata da poco dal sonno profondo in cui era caduta dopo aver fatto alla Madonna il voto di castità, se fosse stata liberata e restituita a sua madre. Grande è la sua gioia al mattino, quando sente di essere libera. L'Innominato si affretta a chiederle perdono. Con la stessa lettiga con cui la donna era venuta al castello, anche Lucia si avvia in paese. La discesa è tormentosa per don Abbondio, che sembra il centro di attrazione di tutti i guai. La mula, nonostante i tentativi di farla camminare al centro del sentiero, scende lungo l'orlo: sotto c'è il vuoto. Tutto sembra

Capitolo XXIII - Riassunto

Sebbene sia sconsigliato di ricevere l’innominato, descritto come " un appaltator di delitti, " il cardinale, consapevole della sua missione, ordina che sia fatto entrare subito. Quando appare sulla soglia, gli va incontro e lo accoglie con cristiana carità, con affetto e con umile gioia; l’innominato, invece, è turbato da due passioni contrastanti: il desiderio e la speranza " di trovare un refrigerio al tormento interno, " da una parte, e dall’altra, " una stizza, una vergogna di venir lì come un pentito, come un sottomesso, come un miserabile, a confessarsi in colpa, ad implorare un uomo". Ma

Capitolo XXII - Riassunto

L’innominato viene informato da un bravo che tutta quella gente, così festosa, va verso un paese vicino, per vedere il cardinale Federigo Borromeo, arcivescovo di Milano.
La popolarità, il rispetto e la venerazione che il popolo dimostra verso il cardinale, fa nascere nell’innominato la speranza, parlandogli " a quattr’occhi, " che egli possa curare il suo spirito tanto in crisi, che possa pronunciare parole rasserenatrici.

Presa, quindi, la decisione di parlare con il cardinale, si reca prima nella camera di Lucia, che intanto sta dormendo in un cantuccio; rimprovera la vecchia, per non aver saputo convincere Lucia a

Capitolo XXI - Riassunto

La vecchia, dunque, ubbidisce lestamente agli ordini del suo padrone, si ferma alla Malanotte, (una specie di osteria) e attende l’arrivo della carrozza. Quando vi giunge, riferisce al Nibbio gli ordini dell’innominato, e quindi Lucia viene fatta salire sulla bussola della vecchia. Malgrado costei si prodighi di consolare Lucia, come meglio può, non riesce nell’intento. Lucia, infatti, sentendo una voce di donna, prova un conforto momentaneo, ma poi ricade in una angoscia più penosa, nel " vedere quel ceffo

Capitolo XX - Riassunto

Descrizione del castello dove l'Innominato conduce la sua vita solitaria: un luogo elevato selvaggio e aspro nel quale solo i suoi amici e i suoi uomini osano avventurarsi. Al castello si accede attraverso una ripida strada in salita, all'inizio della quale, quasi fosse un posto di guardia, si trova la taverna della Malanotte. Don Rodrigo vi giunge e viene accolto da un ragazzaccio armato di tutto punto. Dopo aver deposto le armi, il signorotto viene accompagnato al castello dai bravi dell'Innominato, mentre i suoi accompagnatori, ad eccezione del Griso, devono rimanere alla taverna.

Capitolo XIX - Riassunto

Il conte zio organizza un banchetto al quale vengono invitati alcuni illustri esponenti della nobiltà milanese, alcuni parassiti sempre in accordo con il padrone di casa e il padre provinciale dei cappuccini. Durante il pranzo, il conte zio guida la conversazione sul proprio soggiorno madrileno e sui privilegi accordatigli in quell'occasione; mentre il padre provinciale parla della curia romana e del prestigio dei cappuccini.
Terminato il pranzo, il conte zio, parlando con il padre provinciale, insinua che fra Cristoforo abbia appoggiato Renzo nell'azione rivoltosa del tumulto milanese. Il religioso assicura che prenderà informazioni, e il conte è costretto a parlare anche del contrasto tra

Capitolo XVIII - Riassunto

La giustizia compie una perquisizione in casa di Renzo e interroga i suoi compaesani. Don Rodrigo intanto, si compiace dei provvedimenti contro Renzo e dal conte Attilio riceve nuovi incoraggiamenti e stimoli a proseguire nel suo proposito. Ma il suo compiacimento è turbato dalle notizie su Agnese e Lucia, riferitegli dal Griso. Egli è dunque sul punto di abbandonare l'impresa, poiché il monastero e la presenza in esso della potente Gertrude costituiscono per lui un ostacolo insormontabile. Prevale però il timore dell'onta per la sconfitta, e don Rodrigo decide così di