Perpetua - Descrizione


Si tratta di uno dei tanti personaggi del romanzo esponente di un popolo colorito e molto variegato. Perpetua è una donna vivace, una fedele servitrice sempre legata e attenta alle faccende che interessano la vita e l'attività del curato Don Abbondio.
In quasi tutto il romanzo le comparse di questo personaggio sembrano essere inevitabilmente legate anche alle apparizioni di Don Abbondio; infatti, sembra che Manzoni abbia voluto costruire entrambe queste figure in una indissolubile coppia all'interno della quale l'uomo e la donna vengono a rappresentare quasi due caratteri e morali opposti.
Don Abbondio lo conosciamo già: uomo schivo, quieto, amante della tranquillità e della pace. Perpetua, invece, è di un'altra pasta: sfrontata, ciarliera, popolana, ma comunque sempre ben attenta a far uso di buon senso e intelligenza soprattutto quando si tratta di salvare le sorti del suo padrone e protetto. Sin dalle prime pagine, comunque, abbiamo della donna alcune descrizioni molto interessanti e utili ad inquadrare il personaggio: di lei si dice che “è celibe per aver rifiutati tutti i partiti che le si erano offerti..., o per non aver mai trovato un cane che la volesse...” come sostenevano molte sue amiche. Resta comunque il fatto che la figura della donna è legata ad alcuni indimenticabili dialoghi e duetti con il curato di Pescarenico.
Ma ciò che colpisce di lei è la capacità di comprendere bene le situazioni di difficoltà che interessano l'uomo e di ragionare secondo le regole del buon senso: dopo essere stata informata delle minacce di Don Rodrigo, avanzate al curato dai due bravi, la donna non è assolutamente d'accordo con Abbondio il quale vorrebbe tenere la cosa segreta. Perpetua, infatti, cerca di spingere affinché venga avvertito l'arcivescovo e resa giustizia verso quel volgare affronto. Ma, come abbiamo abbiamo potuto vedere, la concreta saggezza della donna non venne per nulla ascoltata.
Un momento in cui la figura di Perpetua ha giocato un ruolo molto interessante, è poi quello dell'incontro tra Abbondio e Renzo in cui il giovane viene informato dell'impossibilità del matrimonio. Vi ricordate quali scuse cercò di avanzare il curato a sua discolpa? Ebbene, come riuscì il promesso sposo a scoprire la verità?
La nostra Perpetua si lasciò sfuggire le informazioni che il padrone aveva tanto cercato di tenere segrete: una dimostrazione dell'innata propensione della donna alla chiacchiera, al pettegolezzo!
Ma è divertente notare come la donna non comunica per filo e per segno tutto ciò che sa; preferisce, infatti parlare per allusioni e lasciar solo comprendere a Renzo che sotto la falsa verità descrittagli c'è qualcos'altro di più importante e grave. Il gioco di alludere e lasciar solo intendere è una decisione furba che aiuta Perpetua a proteggersi da eventuali accuse del curato verso un suo ipotetico tradimento: così, invece, ha potuto “guidare” Renzo verso la verità, ma senza macchie sulla coscienza. Un altro momento della narrazione in cui emergono chiaramente i caratteri dominanti della donna è quello della cosiddetta “notte degli imbrogli” in cui i promessi sposi da Agnese, Tonio e Gervaso, si recano dal curato per tentare il matrimonio a sorpresa.
Ebbene, in questo caso è ben chiaro il contrasto tra la saggia concretezza e la forte propensione alla chiacchiera e al pettegolezzo.
Che il curato sia conscio delle capacità della donna e che sia solito fidarsi del suo carattere e della sua saggezza viene dimostrato proprio in questa occasione: infatti è proprio Perpetua a convincere l'uomo a lasciar entrare Tonio suo debitore nonostante la tarda ora. La donna sa che quell'occasione sarà forse irripetibile che deve essere sfruttata per riavere definitivamente la somma di denaro prestata in precedenza: Perpetua è in perfetta buona fede.

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