Sebbene sia sconsigliato di ricevere l’innominato, descritto come " un
appaltator di delitti, " il cardinale, consapevole della sua missione,
ordina che sia fatto entrare subito. Quando appare sulla soglia, gli va
incontro e lo accoglie con cristiana carità, con affetto e con umile
gioia; l’innominato, invece, è turbato da due passioni contrastanti: il
desiderio e la speranza " di trovare un refrigerio al tormento interno, "
da una parte, e dall’altra, " una stizza, una vergogna di venir lì come
un pentito, come un sottomesso, come un miserabile, a confessarsi in
colpa, ad implorare un uomo". Ma
Federigo Borromeo, quest’uomo
dall’aspetto venerabile, sa trovare le parole adatte, per sconfiggere
definitivamente l’innominato.
Dopo un breve silenzio, mettendo a suo agio l’ospite, manifesta tutta la
sua gratitudine per la " preziosa visita; " anche se essa, per il
prelato, ha " un po’ del rimprovero; " poiché sarebbe toccato a lui,
pastore d’anime, a cercarlo.
Con queste mosse sapienti si avvia il dialogo, in cui vi è un
susseguirsi di espressioni pregne di ardore divino e passione pastorale;
una dolcezza mistica ed una soavità ineffabile, che dapprima
stordiscono, poi vincono le residue resistenze diaboliche
dell’innominato, finché il suo animo, come stretto in una morsa di
ferro, a cui non può sfuggire, è vinto e piegato al bene.
Infatti, quando il cardinale con modi affettuosi dice: "E che? Voi avete
una buona novella da darmi, e me la fate tanto sospirare? "
l’innominato, come a volersi liberare d’un peso che finora non aveva
potuto scacciare, replica che lui non ha una buona nuova, ha " l’inferno
nel cuore". Ma Federigo risponde che è Dio che lo agita e lo opprime;
quello è "un segno della sua potenza e della sua bontà; " e aggiunge che
per liberarsi da quell’oppressione, basta che condanni la sua vita, che
accusi se stesso, che se ne penta; solo così " Dio sarà glorificato, " e
lui potrà sperare nella salvezza dell’anima.
Aver la possibilità di salvare la sua anima, sentirsi vicino a Dio, è
per l’innominato motivo di una gioia immensa, di una commozione
profonda, di un turbamento potente, che sfociano in un pianto dirotto,
in un pentimento senza limiti.
A quella vista il cardinale Federigo, ringraziando Dio, per averlo fatto
assistere ad un tale miracolo, stende le braccia al collo
dell’innominato, il quale, dopo un debole tentativo di sottrarsi, con lo
stesso impeto, abbraccia il cardinale, versando lacrime abbondanti, e
implorando con calore e con amore Dio.
L’innominato, l’uomo dal passato spietato e feroce, con l’animo
infiammato dal desiderio di convertire in breve tutto il male che ha
fatto, come suo primo atto di bontà, manifesta l’intenzione di liberare
Lucia, prigioniera nel suo castello. " Questo è pegno del perdono di
Dio, " — fa presente il cardinale — che fa sì che voi diveniate "
strumento di salvezza a chi volevate esser di rovina. ".
Accertatosi che tra i parroci convenuti c’è anche don Abbondio, venuto
non di sua iniziativa, ma per l’insistenza di Perpetua, il cardinale lo
invita a recarsi in compagnia dell’innominato a casa di questo, per
prelevare Lucia.
Don Abbondio con sotterfugi tenta di sottrarsi all’incomodo incarico,
che gli provoca un gran terrore, ma di fronte alla decisione del
cardinale deve ubbidire. Malgrado il cardinale Federigo faccia capire
che l’innominato non è più quell’essere spietato d’un tempo, che ora si è
votato al bene, don Abbondio ha sempre paura; nulla riesce a
confortano; neppure l’aspetto sereno, durante il viaggio, del
lettighiero e della donna scelta a confortare Lucia. Quanta differenza
tra questo personaggio e il cardinale! Nel primo non c’è gesto che non
sia ridicolo, che non mostri meschinità d’animo, che non susciti
disgusto e ilarità in pari tempo; nell’altro, invece, notiamo ogni
azione volta al bene altrui, un gran fervore pastorale, una carità
inesauribile, una nobiltà d’animo impareggiabile.
In questo capitolo — come si è visto — i personaggi di spicco sono tre:
l’innominato, il cardinale e don Abbondio; tre personaggi tanto diversi
tra loro, ma descritti dall’autore con mirabile arte con tratti
inconfondibili che sembra proprio di vederli.
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