La Struttura
Il capitolo 30° è la naturale continuazione del precedente e vede
protagonista don Abbondio che, accompagnato dalle due donne, si sta
recando al castello dell'Innominato. Il pavido curato durante questo
viaggio viene messo di fronte a
fatti più grandi di lui come la discesa dei lanzichenecchi e i saccheggi.
Mai come in questo capitolo è visibile l'intreccio tra la storia dei
personaggi (chiamiamolo "microstoria") e la storia reale (chiamiamola
"macrostoria") rappresentata dalla guerra. Queste intersezioni sarannio
il leit-motiv degli ultimi capitoli del romanzo nei quali domineranno i
grandi eventi storici.
I Personaggi e le Tecniche Narrative
Il personaggio che racconta, in questo capitolo, è il curato. Egli
prova una paura totale e continua. Sentimento che nasce alla vista dei
lanzichenecchi e dal fatto che dovrà incontrare l'Innominato. Per
questo tende a tenersi in disparte e a parlare poco.
Le tecniche narrative usate sono tre:
a) Il discorso diretto (usato per tenere sotto controllo Agnese e Perpetua);
b) soliloquio (che esalta ancor di più l'incapacità comunicativa del
personaggio che non sa come comportarsi e che non riesce a esprimere
esplicitamente quello che pensa);
c) Il dialogo (che mette in luce le differenti opinioni tra lui e Perpetua).
Il capitolo si conclude con il ritorno a casa di don Abbondio e
Perpetua che ritrovano la loro abitazione completamente saccheggiata
dai lanzichenecchi. Le reazioni a questo avvenimento sono diverse.
Reazione di don Abbondio: si rifiuta di esigere la restituzione della propria roba;
Reazione di Perpetua: non si dà pace per il furto. Possiamo
riassumere la sua reazione in una frase, che la stessa donna pronuncia:
"Rubare agli altri è peccato, ma a lei [riferendosi a don Abbondio], è
peccato non rubare".
Queste sono comunque "piccole" miserie, rispetto a quelle che
incontreremo poco più avanti. Il tono della narrazione si farà
inevitabilmente più elevato.
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