L'aria si fa sempre più afosa, il cielo si copre di una coltre di
umidità greve, quando Renzo entra nel lazzaretto: un insieme di capanne e
di fabbricati posticci, alzati per la circostanza, accanto ad altri in
muratura. L'impressione è quella del covile segnato da un vasto
brulichio prodotto da sani e malati, da serventi e da folli, impazziti
per la peste, da gente variamente indaffarata. Su tutto domina
l'organizzazione imposta dai cappuccini ed è, il loro, un ordine
esemplare sempre tenendo conto che bisogna amministrare,
confortare,
curare o avviare al cimitero ben sedicimila appestati. La visione
generale è quella che insorge da un luogo che è un condensato, un
contenitore di grandi sofferenze su cui incombe l'aria ed il cielo
nebbioso. Il primo gruppo di malati, collocati a parte, dentro un
recinto, è quello dei bambini allevato da nutrici e da capre: alcuni
sono neonati ed hanno bisogno di costante cura ed attenzione. Molte
donne guarite dalla peste provvedono alla cura dei bambini: ma anche le
capre, quasi consapevoli della grande sofferenza, offrono mansuete il
proprio latte ai bambini. È uno spicchio di umanità che intende
sopravvivere e resistere nonostante tutto sembri avviare a morte o a
disperazione. E proprio in un atteggiamento di padre che si cura dei
propri piccoli Renzo intravede dopo tanto tempo la cara immagine di
padre Cristoforo. Affettuoso l'incontro tra i due. Il padre dopo essere
stato per anni a Rimini, per pressioni esercitate sui superiori ha
ottenuto di essere richiamato a Milano e di essere adibito al servizio
dei malati. Renzo gli fa un succinto riassunto delle sue avventure e
dice di essere nel lazzaretto in cerca di Lucia. Potrebbe essere, se è
ancora viva, nel recinto assegnato alle donne: è proibito entrarvi. Ma
il padre lo autorizza date le buone intenzioni che lo animano. Ma Lucia
sarà viva? Se non dovesse essere viva, Renzo si dice pronto a fare
vendetta su don Rodrigo, che è all'origine di tutte le disavventure sue e
di Lucia. E a questo punto padre Cristoforo lo redarguisce e alla legge
di vendetta contrappone la legge cristiana del perdono e della carità.
Lui, che ha fatto l'esperienza dell'assassinio di un uomo, sa quanto
arida sia la strada della vendetta e quanto allontani da Dio e quindi
dall'umanità la ricerca di una giustizia che impone morte per morte. La
vera giustizia è la carità che compensa la morte di un uomo con la
crescita ideale di nuova umanità. Renzo convinto si dice disposto al
perdono del suo avversario. E il frate lo conduce in una capanna dove
gli mostra don Rodrigo moribondo: ecco come si è ridotto colui che
voleva farsi padrone dell'altrui vita! E il padre non sa decidere se in
quelle condizioni il signorotto sia per un castigo o per un atto di
misericordia della divinità.
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