La Struttura
Il capitolo si può dividere in due grandi macrosequenze, la prima
parte racconta dell’angosciosa notte trascorsa da Lucia nel castello
dell’Innominato, mentre la seconda mette in luce l’altrettanto
angosciosa notte passata dall’Innominato in un’altra parte del castello.
Due vicende solo presentate come simultanee dal punto di vista
temporale grazie all’abilità del narratore-regista che ci trasporta da
un’ala ad un’altra del castello.
Come Renzo a Milano (vd. Analisi dei capitoli dal XI al XVII), anche
Lucia dovrà superare una prova difficile, dalla quale però uscirà
umanamente più arricchita e maturata.
Lo Spazio
In questo capitolo, e anche nel precedente, gli spazi acquistano un
carattere prettamente simbolico che approfondisce le caratteristiche
dell’Innominato.
Abbiamo la solitudine dell’uomo (“l’essere innanzi a
tutti gli dava talvolta il
sentimento d’una solitudine tremenda), la solitudine dei luoghi
(“schegge e macigni, erte ripide, senza strada e nude”), la superiorità
fisica e potere (“dominava all’intorno tutto lo spazio. Era grande,
bruno, calvo”) e l’altezza (“il castello dell’Innominato era a
cavaliere a una valle … sulla cima d’un poggio”).
Come per il castello di Don Rodrigo, anche quello dell’Innominato, è
posto su un’altura che sta a simboleggiare, assai chiaramente,
l’immagine della sua volontà che domina incontrastata le vicende dei
contemporanei
I Personaggi
In questo capitolo emerge molto bene come Lucia sia la completa antitesi dell’Innominato.
All’inizio, Lucia è il simbolo dell’innocenza e della fede ed è la
vittima perseguitata, mentre l’Innominato incarna le forze del male,
rifiuta la grazie divina ed è il persecutore della vittima. Nel seguito
invece, Lucia riprende la propria fermezza e l’autocontrollo e si
congeda dall’Innominato con una richiesta di liberazione. L’Innominato è
invece profondamente turbato dalle parole di Lucia e si congeda da lei
con una promessa di liberazione.
Dopo il dialogo tra l’Innominato e Lucia si inserisce un altro
personaggio, protagonista di un episodio che si colloca all’interno del
capitolo. Stiamo parlando della vecchia serva. Una scelta, questa, che
serve a
smorzare il
tono quasi patetico e commovente del capitolo. La vecchia incarna i
difetti del carattere, le passioni di cui il narratore aveva accennato
nel capitolo precedente: la stizza e la pigrizia alle quali si aggiunge
l’ingordigia. Servile e sempre timorosa delle possibili reazioni del
padrone, assiste Lucia perché così le è stato comandato, ma senza
autentica compassione. Il suo monologo rappresenta una pausa nella
narrazione e prepara il dramma dei protagonisti rappresentato dalla
notte.
In Lucia, l’angosciosa notte rappresenta l’alterazione fisica e
psichica, in cui si mescolano realtà e immaginazione, la caduta
nell’angoscia, una forte tensione emotiva, il ricorso alla preghiera e
voto di non sposarsi. Il tutto si conclude con un profondo sonno.
Nell’Innominato invece possiamo notare un intenso senso di
disperazione, acuito dall’esame delle scelleratezze commesse, forte
tensione emotiva (come Lucia, anche lui ha un forte desiderio di
morire). L’alba imminente rappresenta l’uscita definitiva dal male.
Nonostante tutto, l’Innominato non si è ancora completamente
convertito. Lo sarà soltanto dopo l’incontro con il cardinale Federigo
Borromeo.
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