La folla ora non è più compatta: si dirada e si ricompone in piccoli
capannelli a commentare e a prevedere. Si parla dell'accaduto, delle
ragioni che vi stanno sotto, si manifestano propositi di ritorno per il
giorno seguente. Renzo che per la nuova e straordinaria esperienza
vissuta in quelle ore vive come in una sorta di eccitazione, quasi di
ubriachezza, al centro di un crocchio prende la parola e dal fatto
milanese risale al fatto personale: parla ad alta voce di ingiustizia,
di prepotenze di certi tiranni, del tutto dissimili da Ferrer, manifesta
propositi di vendetta e di pulizia, avanza la proposta del tutto
rivoluzionaria dell'alleanza di tutto il popolo per la restaurazione
della giustizia. Tutti applaudono. Ma ormai è buio: la gente si dispone a
tornare a casa. Renzo da uno che gli si è messo alle costole e che gli
si dimostra premuroso (è un informatore della polizia) si fa
accompagnare in una trattoria vicina: li può mangiare e dormire. A
tavola lo sbirro cerca di farlo parlare e di fargli dire nome e cognome:
non c'era riuscito l'oste. Ma lui lo fa cadere in un tranello, favorito
anche dal fatto che Renzo da uno stato di esaltazione passa, per il
molto vino che beve, ad uno stato di effettiva ubriachezza. Sproloquia e
nelle sue parole in modi oscuri ed incerti torna l'immagine di don
Rodrigo, il persecutore, l'ingiusto e prepotente tiranno che lo ha
indotto alla fuga dal suo paese. Finalmente l'oste riesce a portarlo in
camera e a buttarlo sul letto.
Nessun commento:
Posta un commento