All'arrivo devastatore dell'esercito dei lanzichenecchi, alleato degli
Spagnoli politicamente e militarmente, ma autentica bufera per la
popolazione esposta al saccheggio impunito e a ogni forma di violenza,
anche la gente del paese di don Abbondio scappa verso territori ritenuti
più sicuri. Deve fuggire anche lui: e Perpetua lo sollecita ad uscire
dal torpore e a dare una mano d'aiuto, invece che a riempire la casa di
lamenti improduttivi e a dipingersi come da tutti abbandonato. Agnese
suggerisce un rifugio sicuro: il castello dell'Innominato. Prima di
partire Perpetua ha sepolto sotto un albero le poche ricchezze della
casa: si ritiene furba anche lei. Al
solito non è d'accordo con il suo
gesto don Abbondio. In viaggio si fermano a fare visita al sarto e alla
sua famiglia: ne vengono accolti con molta festa. Li accoglie con
signorile gentilezza anche l'Innominato. Il quale ha predisposto il
castello a difesa contro i lanzichenecchi. non dovrebbero passarci se
non gruppi di sbandati o di ritardatari. Nel castello c'è molta gente e
questo fatto preoccupa don Abbondio che in questo fatto vede come un
invito ai lanzichenecchi. Lo preoccupa anche il fatto che I 'Innominato
si metta disarmato a capo dei suoi ex bravi e vada a sconfiggere un
gruppo di lanzichenecchi che si era troppo avvicinato al castello. Ma
quella che domina dappertutto qui è la figura dell'Innominato ormai
convertito e interamente volto ad imprese in difesa dei deboli e di
lotta all'ingiustizia. Tutti coloro che ora, spinti dalle forze
tedesche, si rifugiavano da lui lo ammiravano e lo guardavano estatici.
Lui non stava mai fermo: dentro e fuori del castello era sempre in moto a
vedere, a farsi vedere, a mettere ordine e a sorvegliare e a dare
coraggio.
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