Questo è l'ultimo capitolo, che si può definire del trionfo del bene sul
male. Tutto ha una conclusione felice, come a voler dimostrare che se
le sventure e i dolori si sopportano con fede e cristiana rassegnazione,
si è premiati anche in questo mondo.
Finalmente Lucia e la sua accompagnatrice arrivano a casa di Agnese, di
sera. Il mattino seguente i due giovani si incontrano: Renzo ne è
entusiasta; Lucia invece lo saluta con riserbo, con discrezione, " senza
scomporsi". Lucia è stata sempre così:
misurata nei gesti e nel
parlare, e Renzo sa capirla. Egli se ne duole quando apprende che padre
Cristoforo è morto. Si intrattiene a lungo a parlare con Lucia; ora
tutto è cambiato: i minuti non gli sembrano ore, come quando attendeva
il suo arrivo, ma al contrario, le ore gli sembrano minuti.
Adesso, finalmente, Renzo dice che andrà da don Abbondio, " a prendere i
concerti per lo sposalizio". E va con un’ aria scherzosa e rispettosa
nello stesso tempo, pensando che ormai, cambiata la situazione, il prete
non ostacolerà il matrimonio.
Ma il Manzoni fino all’ultimo non cessa di punzecchiarlo, di mettere in
evidenza la sua paura, sempre viva, presente e ossessionante.
Don Abbondio, infatti, alla richiesta di Renzo, comincia a tentennare, e
lo consiglia di sposarsi altrove, col pericolo di quella cattura che ha
addosso. Neppure quando Renzo gli riferisce che don Rodrigo è
moribondo, che anzi ormai sarà andato, il curato riesce a liberarsi
dalla paura. " Dopo qualche altra botta e risposta, " Renzo se ne va,
per non perdere la pazienza, e per non rischiar di mancargli di
rispetto; e si convince che è proprio meglio andare a sposare dove
andranno ad abitare.
L’accompagnatrice di Lucia, ancora ospite di Agnese, anche per
soddisfare la propria curiosità di conoscere quest’uomo, così sensibile
alla paura, propone di andare da don Abbondio con Agnese e Lucia, e
tentare loro a fargli cambiare idea.
Concertato il modo come prendere don Abbondio, le donne vanno
all’assalto. Arrivate a casa sua questi le fa accomodare, e poi si
dilunga a parlare di Lucia, della peste, di Agnese, al fine di evitare,
di proposito il discorso sul matrimonio.
Le donne più anziane sono all’erta, attendono il momento propizio, per
entrar nel discorso. Ma don Abbondio è " sordo da quell’orecchio"; non
dice di no, ma volteggia, serpeggia, scivola. Ora trova il pretesto
della cattura, ora consiglia di sposare altrove, visto che " hanno già
intenzione di spatriarsi". Come il flusso e riflusso delle onde, don
Abbondio si difende e le donne ripartono alla carica, e lui rimette
altri pretesti, quando vi giunge Renzo, annunziando la morte di don
Rodrigo e l’arrivo del signor marchese. Il curato ha un momento
d’incertezza, e perplesso; ma quando il sagrestano conferma la morte di
don Rodrigo, allora don Abbondio cambia aspetto, umore e parere.
Ora si sente rincuorato, libero dall’incubo delle minacce di morte,
dall’angoscia del terrore. Egli intesse quasi un elogio funebre di don
Rodrigo; dice che è stato " un gran respiro per questo povero paese". La
peste, poi, se da una parte è stata un vero flagello, dall’altra è
stata anche " una scopa; ha spazzato via certi soggetti " dai quali
sarebbe stato alquanto difficile potercisi liberare.
Don Abbondio è diventato finalmente euforico, loquace, cordiale; è
pronto a sposar presto i due giovani; ora anche lui è convinto che
nessuno pensa più alla cattura di Renzo; egli stesso, che una volta
adduceva pretesti per guadagnar tempo, ora accelera i tempi.
Il giorno dopo don Abbondio riceve la visita, inaspettata e gradita, del
signor marchese, colui che ho sostituito don Rodrigo dopo la morte, e
gli porta i saluti del cardinale.
Costui ha un aspetto cortese e dignitoso; chiede notizie di Renzo e
Lucia su incarico del cardinale, ed esorta il curato ad indicargli il
modo come si possa far loro del bene.
Don Abbondio assicura che presto i due saranno marito e moglie; in
quanto al modo di aiutarli, suggerisce al signor marchese di acquistare
lui la terra e la casa di Renzo e quella di Agnese, perché, dice don
Abbondio, quando i poveri vogliono disfarsi delle proprie cose, gli
altri, le comprano " per un pezzo di pane".
Il marchese apprezza il suggerimento di don Abbondio; lo invita a
fissare il prezzo, ma che sia alto, e gli propone, addirittura, di
andare subito a casa della sposa. Intende così compensare i due giovani
dei guai procurati loro da don Rodrigo.
Anche don Abbondio, " tutto gongolante," finalmente si prodiga per il
bene di Renzo; con modi garbati, camminando verso la casa di Agnese,
prega il marchese, uomo di gran prestigio e autorità, di ottenere
l’assolutoria di Renzo. Il marchese lo ascolta e promette il suo
interessamento.
Giunti alla casa di Agnese, trovano le tre donne e Renzo, che rimangono
allibiti, con il respiro sospeso. Per toglierli dal disagio, avvia lui
la conversazione, parlando del cardinale; poi esorta don Abbondio a
fissare il prezzo, che lui raddoppia, e conclude invitando la compagnia a
desinare al suo palazzo, il giorno dopo le nozze.
Ora per i due giovani, a coronamento delle loro traversie, come premio,
giunge la dispensa, giunge l’assolutoria, e giunge finalmente il giorno
in cui Renzo e Lucia, in quella chiesa e per bocca di don Abbondio, si
sposano.
Il giorno dopo fanno trionfalmente il loro ingresso in quel palazzo,
dove, essendo in vita don Rodrigo, si tramarono tante insidie ai danni
della povera Lucia; l’unico motivo di tristezza: l’assenza di padre
Cristoforo.
Ora si pensa solo " a fare i fagotti e a mettersi in viaggio " per la
nuova casa Tramaglino. Dopo affettuosi ringraziamenti e promessa di
render visita alla vedova, dopo la tenera separazione di Renzo
dall’ospite amico, dopo un caloroso saluto della famigliola a don
Abbondio, verso il quale è rimasto sempre "un certo attaccamento
affettuoso, " dopo un doloroso addio al paese natio, ecco il terzetto
nella nuova patria.
Ora Renzo, dopo che gli avvenimenti hanno preso un corso favorevole,
potrebbe essere felice; invece c’è qualcosa che turba la sua felicità.
Nel paese adottivo si era molto sentito parlare, e parlato, di Lucia.
L’immaginazione popolare vedeva Lucia di una bellezza sfolgorante,
dall’aspetto e dal contegno principesco, e invece, nel vedere " una
contadina come le altre, " piuttosto brutta, vi è una delusione
generale. Renzo, disgustato da tale atteggiamento paesano, compra, in
società col cugino Bortolo, un filatoio alle porte di Bergamo, dove
Lucia, non aspettata, non è soggetta a critiche, e finalmente può vivere
tranquilla e felice.
Gli affari vanno a gonfie vele; non è passato ancora un anno, per di
più, che viene "alla luce una bella creatura, " e poi tante altre, che
costituiscono la gioia non solo di Lucia e Renzo, ma anche di Agnese,
che, affaccendata, le porta " in qua e in là, l’uno dopo l’altro".
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