Il capitolo si apre con un'ampia digressione storica nella quale si
analizzano le ragioni della carestia: raccolti scarsi, sprechi,
pressione fiscale.
Il cancelliere Antonio Ferrer adotta un provvedimento molto criticato
dal Manzoni: stabilisce per il pane un prezzo un prezzo troppo basso, il
quale quasi non consente l'acquisto delle materie prime. Il prezzo del
pane viene aumentato e comincia a farsi sentire il malumore del popolo.
La folla blocca il garzone di un panettiere e lo deruba della cesta del
pane: prende così avvio il tumulto di San
Martino. La massa si dirige
poi verso il forno "delle grucce" e, malgrado l'intervento degli
alabardieri e del capitano di giustizia, dopo un breve assedio, dà
l'assalto al forno stesso rubando pane, farina, denaro e distruggendo
ogni cosa. Renzo, incuriosito da tutto quel movimento, si muove
inconsapevolmente verso il cuore del tumulto ascoltando i pareri
contrastanti dei presenti. Mentre il giovane assiste alla distruzione
del forno e critica, dentro di sé, tutta quella furia, giunge la notizia
di nuovi disordini al Cordusio.
La folla si dirige là, passando sotto la statua di Filippo II, la quale
offre all'Autore lo spunto per alcune riflessioni sui simboli del
potere. La voce si rivela però falsa e la massa, inferocita e delusa,
decide di dar l'assalto alla casa del vicario di provvisione, ritenuto
responsabile della scarsità di cibo. Renzo, pur non volendo farsi
coinvolgere nella rivolta, viene vinto dalla curiosità e si lascia
trascinare dalla folla.
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