Testo Completo
Lucia s'era risentita da poco tempo; e di quel tempo una parte aveva
penato a svegliarsi affatto, a separar le torbide visioni del sonno
dalle memorie e dall'immagini di quella realtà troppo somigliante a una
funesta visione d'infermo. La vecchia le si era subito avvicinata, e,
con quella voce forzatamente umile, le aveva detto: - ah! avete dormito?
Avreste potuto dormire in letto: ve l'ho pur detto tante volte ier sera
-. E non ricevendo risposta, aveva continuato, sempre con un tono di
supplicazione stizzosa: - mangiate una volta: abbiate giudizio. Uh come
siete brutta! Avete bisogno di mangiare.
E poi se, quando torna, la
piglia con me?
- No, no; voglio andar via, voglio andar da mia madre. Il padrone me l'ha promesso, ha detto: domattina. Dov'è il padrone?
- È uscito; m'ha detto che tornerà presto, e che farà tutto quel che volete.
- Ha detto così? ha detto così? Ebbene; io voglio andar da mia madre; subito, subito.
Ed ecco si sente un calpestìo nella stanza vicina; poi un picchio all'uscio. La vecchia accorre, domanda: - chi è?
- Apri, - risponde sommessamente la nota voce. La vecchia tira il
paletto; l'innominato, spingendo leggermente i battenti, fa un po' di
spiraglio: ordina alla vecchia di venir fuori, fa entrar subito don
Abbondio con la buona donna. Socchiude poi di nuovo l'uscio, si ferma
dietro a quello, e manda la vecchia in una parte lontana del
castellaccio; come aveva già mandata via anche l'altra donna che stava
fuori, di guardia.
Tutto questo movimento, quel punto d'aspetto, il primo apparire di
persone nuove, cagionarono un soprassalto d'agitazione a Lucia, alla
quale, se lo stato presente era intollerabile, ogni cambiamento però era
motivo di sospetto e di nuovo spavento. Guardò, vide un prete, una
donna; si rincorò alquanto: guarda più attenta: è lui, o non è lui?
Riconosce don Abbondio, e rimane con gli occhi fissi, come incantata. La
donna, andatale vicino, si chinò sopra di lei, e, guardandola
pietosamente, prendendole le mani, come per accarezzarla e alzarla a un
tempo, le disse: - oh poverina! venite, venite con noi.
- Chi siete? - le domandò Lucia; ma, senza aspettar la risposta, si
voltò ancora a don Abbondio, che s'era trattenuto discosto due passi,
con un viso, anche lui, tutto compassionevole; lo fissò di nuovo, e
esclamò: - lei! è lei? il signor curato? Dove siamo?... Oh povera me!
son fuori di sentimento!
- No, no, - rispose don Abbondio: - son io davvero: fatevi coraggio.
Vedete? siam qui per condurvi via. Son proprio il vostro curato, venuto
qui apposta, a cavallo...
Lucia, come riacquistate in un tratto tutte le sue forze, si rizzò
precipitosamente; poi fissò ancora lo sguardo su que' due visi, e disse:
- è dunque la Madonna che vi ha mandati.
- Io credo di sì, - disse la buona donna.
- Ma possiamo andar via, possiamo andar via davvero? - riprese Lucia,
abbassando la voce, e con uno sguardo timido e sospettoso. - E tutta
quella gente...? - continuò, con le labbra contratte e tremanti di
spavento e d'orrore: - e quel signore...! quell'uomo...! Già, me l'aveva
promesso...
- È qui anche lui in persona, venuto apposta con noi, - disse don
Abbondio: - è qui fuori che aspetta. Andiamo presto; non lo facciamo
aspettare, un par suo.
Allora, quello di cui si parlava, spinse l'uscio, e si fece vedere;
Lucia, che poco prima lo desiderava, anzi, non avendo speranza in altra
cosa del mondo, non desiderava che lui, ora, dopo aver veduti visi, e
sentite voci amiche, non poté reprimere un subitaneo ribrezzo; si
riscosse, ritenne il respiro, si strinse alla buona donna, e le nascose
il viso in seno. L'innominato, alla vista di quell'aspetto sul quale già
la sera avanti non aveva potuto tener fermo lo sguardo, di
quell'aspetto reso ora più squallido, sbattuto, affannato dal patire
prolungato e dal digiuno, era rimasto lì fermo, quasi sull'uscio; nel
veder poi quell'atto di terrore, abbassò gli occhi, stette ancora un
momento immobile e muto; indi rispondendo a ciò che la poverina non
aveva detto, - è vero, - esclamò: - perdonatemi!
- Viene a liberarvi; non è più quello; è diventato buono: sentite che
vi chiede perdono? - diceva la buona donna all'orecchio di Lucia.
- Si può dir di più? Via, su quella testa; non fate la bambina; che
possiamo andar presto, - le diceva don Abbondio. Lucia alzò la testa,
guardò l'innominato, e, vedendo bassa quella fronte, atterrato e confuso
quello sguardo, presa da un misto sentimento di conforto, di
riconoscenza e di pietà, disse: - oh, il mio signore! Dio le renda
merito della sua misericordia!
- E a voi, cento volte, il bene che mi fanno codeste vostre parole.
Così detto, si voltò, andò verso l'uscio, e uscì il primo. Lucia,
tutta rianimata, con la donna che le dava braccio, gli andò dietro; don
Abbondio in coda. Scesero la scala, arrivarono all'uscio che metteva nel
cortile. L'innominato lo spalancò, andò alla lettiga, aprì lo
sportello, e, con una certa gentilezza quasi timida (due cose nuove in
lui) sorreggendo il braccio di Lucia, l'aiutò ad entrarvi, poi la buona
donna. Slegò quindi la mula di don Abbondio, e l'aiutò anche lui a
montare.
- Oh che degnazione! - disse questo; e montò molto più lesto che non
avesse fatto la prima volta. La comitiva si mosse quando l'innominato fu
anche lui a cavallo. La sua fronte s'era rialzata; lo sguardo aveva
ripreso la solita espressione d'impero. I bravi che incontrava, vedevan
bene sul suo viso i segni d'un forte pensiero, d'una preoccupazione
straordinaria; ma non capivano, né potevan capire più in là. Al
castello, non si sapeva ancor nulla della gran mutazione di quell'uomo; e
per congettura, certo, nessun di coloro vi sarebbe arrivato.
La buona donna aveva subito tirate le tendine della lettiga: prese
poi affettuosamente le mani di Lucia, s'era messa a confortarla, con
parole di pietà, di congratulazione e di tenerezza. E vedendo come,
oltre la fatica di tanto travaglio sofferto, la confusione e l'oscurità
degli avvenimenti impedivano alla poverina di sentir pienamente la
contentezza della sua liberazione, le disse quanto poteva trovar di più
atto a distrigare, a ravviare, per dir così, i suoi poveri pensieri. Le
nominò il paese dove andavano.
- Sì? - disse Lucia, la qual sapeva ch'era poco discosto dal suo. - Ah Madonna santissima, vi ringrazio! Mia madre! mia madre!
- La manderemo a cercar subito, - disse la buona donna, la quale non sapeva che la cosa era già fatta.
- Sì, sì; che Dio ve ne renda merito... E voi, chi siete? Come siete venuta...
- M'ha mandata il nostro curato, - disse la buona donna: - perché
questo signore, Dio gli ha toccato il cuore (sia benedetto!), ed è
venuto al nostro paese, per parlare al signor cardinale arcivescovo (che
l'abbiamo là in visita, quel sant'uomo), e s'è pentito de' suoi
peccatacci, e vuol mutar vita; e ha detto al cardinale che aveva fatta
rubare una povera innocente, che siete voi, d'intesa con un altro senza
timor di Dio, che il curato non m'ha detto chi possa essere.
Lucia alzò gli occhi al cielo.
- Lo saprete forse voi, - continuò la buona donna: - basta; dunque il
signor cardinale ha pensato che, trattandosi d'una giovine, ci voleva
una donna per venire in compagnia, e ha detto al curato che ne cercasse
una; e il curato, per sua bontà, è venuto da me...
- Oh! il Signore vi ricompensi della vostra carità!
- Che dite mai, la mia povera giovine? E m'ha detto il signor curato,
che vi facessi coraggio, e cercassi di sollevarvi subito, e farvi
intendere come il Signore v'ha salvata miracolosamente...
- Ah sì! proprio miracolosamente; per intercession della Madonna.
- Dunque, che stiate di buon animo, e perdonare a chi v'ha fatto del
male, e esser contenta che Dio gli abbia usata misericordia, anzi
pregare per lui; ché, oltre all'acquistarne merito, vi sentirete anche
allargare il cuore.
Lucia rispose con uno sguardo che diceva di sì, tanto chiaro come
avrebbero potuto far le parole, e con una dolcezza che le parole non
avrebbero saputa esprimere.
- Brava giovine! - riprese la donna: - e trovandosi al nostro paese
anche il vostro curato (che ce n'è tanti tanti, di tutto il contorno, da
mettere insieme quattro ufizi generali), ha pensato il signor cardinale
di mandarlo anche lui in compagnia; ma è stato di poco aiuto. Già
l'avevo sentito dire ch'era un uomo da poco; ma in quest'occasione, ho
dovuto proprio vedere che è più impicciato che un pulcin nella stoppa.
- E questo... - domandò Lucia, - questo che è diventato buono... chi è?
- Come! non lo sapete? - disse la buona donna, e lo nominò.
- Oh misericordia! - esclamò Lucia. Quel nome, quante volte l'aveva
sentito ripetere con orrore in più d'una storia, in cui figurava sempre
come in altre storie quello dell'orco! E ora, al pensiero d'essere stata
nel suo terribil potere, e d'essere sotto la sua guardia pietosa; al
pensiero d'una così orrenda sciagura, e d'una così improvvisa
redenzione; a considerare di chi era quel viso che aveva veduto burbero,
poi commosso, poi umiliato, rimaneva come estatica, dicendo solo, ogni
poco: - oh misericordia!
- È una gran misericordia davvero! - diceva la buona donna: -
dev'essere un gran sollievo per mezzo mondo. A pensare quanta gente
teneva sottosopra; e ora, come m'ha detto il nostro curato... e poi,
solo a guardarlo in viso, è diventato un santo! E poi si vedon subito le
opere.
Dire che questa buona donna non provasse molta curiosità di conoscere
un po' più distintamente la grand'avventura nella quale si trovava a
fare una parte, non sarebbe la verità. Ma bisogna dire a sua gloria che,
compresa d'una pietà rispettosa per Lucia, sentendo in certo modo la
gravità e la dignità dell'incarico che le era stato affidato, non pensò
neppure a farle una domanda indiscreta, ne oziosa: tutte le sue parole,
in quel tragitto, furono di conforto e di premura per la povera giovine.
- Dio sa quant'è che non avete mangiato!
- Non me ne ricordo più... Da un pezzo.
- Poverina! Avrete bisogno di ristorarvi.
- Sì, - rispose Lucia con voce fioca.
- A casa mia, grazie a Dio, troveremo subito qualcosa. Fatevi coraggio, che ormai c'è poco.
Lucia si lasciava poi cader languida sul fondo della lettiga, come assopita; e allora la buona donna la lasciava in riposo.
Per don Abbondio questo ritorno non era certo così angoscioso come
l'andata di poco prima; ma non fu neppur esso un viaggio di piacere. Al
cessar di quella pauraccia, s'era da principio sentito tutto scarico, ma
ben presto cominciarono a spuntargli in cuore cent'altri dispiaceri;
come, quand'è stato sbarbato un grand'albero, il terreno rimane sgombro
per qualche tempo, ma poi si copre tutto d'erbacce. Era diventato più
sensibile a tutto il resto; e tanto nel presente, quanto ne' pensieri
dell'avvenire, non gli mancava pur troppo materia di tormentarsi.
Sentiva ora, molto più che nell'andare, l'incomodo di quel modo di
viaggiare, al quale non era molto avvezzo; e specialmente sul principio,
nella scesa dal castello al fondo della valle. Il lettighiero,
stimolato da' cenni dell'innominato, faceva andar di buon passo le sue
bestie; le due cavalcature andavan dietro dietro, con lo stesso passo;
onde seguiva che, a certi luoghi più ripidi, il povero don Abbondio,
come se fosse messo a leva per di dietro, tracollava sul davanti, e, per
reggersi, doveva appuntellarsi con la mano all'arcione; e non osava
però pregare che s'andasse più adagio, e dall'altra parte avrebbe voluto
esser fuori di quel paese più presto che fosse possibile. Oltre di ciò,
dove la strada era sur un rialto, sur un ciglione, la mula, secondo
l'uso de' pari suoi, pareva che facesse per dispetto a tener sempre
dalla parte di fuori, e a metter proprio le zampe sull'orlo; e don
Abbondio vedeva sotto di sé, quasi a perpendicolo, un salto, o come
pensava lui, un precipizio. "Anche tu, - diceva tra sé alla bestia, -
hai quel maledetto gusto d'andare a cercare i pericoli, quando c'è tanto
sentiero!" E tirava la briglia dall'altra parte; ma inutilmente.
Sicché, al solito, rodendosi di stizza e di paura, si lasciava condurre a
piacere altrui. I bravi non gli facevan più tanto spavento, ora che
sapeva più di certo come la pensava il padrone. "Ma, - rifletteva però, -
se la notizia di questa gran conversione si sparge qua dentro, intanto
che ci siamo ancora, chi sa come l'intenderanno costoro! Chi sa cosa
nasce! Che s'andassero a immaginare che sia venuto io a fare il
missionario! Povero me! mi martirizzano!" Il cipiglio dell'innominato
non gli dava fastidio. "Per tenere a segno quelle facce lì, - pensava, -
non ci vuol meno di questa qui; lo capisco anch'io; ma perché deve
toccare a me a trovarmi tra tutti costoro!"
Basta; s'arrivò in fondo alla scesa, e s'uscì finalmente anche dalla
valle. La fronte dell'innominato s'andò spianando. Anche don Abbondio
prese una faccia più naturale, sprigionò alquanto la testa di tra le
spalle, sgranchì le braccia e le gambe, si mise a stare un po' più sulla
vita, che faceva un tutt'altro vedere, mandò più larghi respiri, e, con
animo più riposato, si mise a considerare altri lontani pericoli. "Cosa
dirà quel bestione di don Rodrigo? Rimaner con tanto di naso a questo
modo, col danno e con le beffe, figuriamoci se la gli deve parere amara.
Ora è quando fa il diavolo davvero. Sta a vedere che se la piglia anche
con me, perché mi son trovato dentro in questa cerimonia. Se ha avuto
cuore fin d'allora di mandare que' due demòni a farmi una figura di
quella sorte sulla strada, ora poi, chi sa cosa farà! Con sua signoria
illustrissima non la può prendere, che è un pezzo molto più grosso di
lui; lì bisognerà rodere il freno. Intanto il veleno l'avrà in corpo, e
sopra qualcheduno lo vorrà sfogare. Come finiscono queste faccende? I
colpi cascano sempre all'ingiù; i cenci vanno all'aria. Lucia, di
ragione, sua signoria illustrissima penserà a metterla in salvo:
quell'altro poveraccio mal capitato è fuor del tiro, e ha già avuto la
sua: ecco che il cencio son diventato io. La sarebbe barbara, dopo
tant'incomodi, dopo tante agitazioni, e senza acquistarne merito, che ne
dovessi portar la pena io. Cosa farà ora sua signoria illustrissima per
difendermi, dopo avermi messo in ballo? Mi può star mallevadore lui che
quel dannato non mi faccia un'azione peggio della prima? E poi, ha
tanti affari per la testa! mette mano a tante cose! Come si può badare a
tutto? Lascian poi alle volte le cose più imbrogliate di prima. Quelli
che fanno il bene, lo fanno all'ingrosso: quand'hanno provata quella
soddisfazione, n'hanno abbastanza, e non si voglion seccare a star
dietro a tutte le conseguenze; ma coloro che hanno quel gusto di fare il
male, ci mettono più diligenza, ci stanno dietro fino alla fine, non
prendon mai requie, perché hanno quel canchero che li rode. Devo andar
io a dire che son venuto qui per comando espresso di sua signoria
illustrissima, e non di mia volontà? Parrebbe che volessi tenere dalla
parte dell'iniquità. Oh santo cielo! Dalla parte dell'iniquità io! Per
gli spassi che la mi dà! Basta; il meglio sarà raccontare a Perpetua la
cosa com'è; e lascia poi fare a Perpetua a mandarla in giro. Purché a
monsignore non venga il grillo di far qualche pubblicità, qualche scena
inutile, e mettermici dentro anche me. A buon conto, appena siamo
arrivati, se è uscito di chiesa, vado a riverirlo in fretta in fretta;
se no, lascio le mie scuse, e me ne vo diritto diritto a casa mia. Lucia
è bene appoggiata; di me non ce n'è più bisogno; e dopo tant'incomodi,
posso pretendere anch'io d'andarmi a riposare. E poi... che non venisse
anche curiosità a monsignore di saper tutta la storia, e mi toccasse a
render conto dell'affare del matrimonio! Non ci mancherebbe altro. E se
viene in visita anche alla mia parrocchia!... Oh! sarà quel che sarà;
non vo' confondermi prima del tempo: n'ho abbastanza de' guai. Per ora
vo a chiudermi in casa. Fin che monsignore si trova da queste parti, don
Rodrigo non avrà faccia di far pazzie. E poi... E poi? Ah! vedo che i
miei ultimi anni ho da passarli male!"
La comitiva arrivò che le funzioni di chiesa non erano ancor
terminate; passò per mezzo alla folla medesima non meno commossa della
prima volta; e poi si divise. I due a cavallo voltarono sur una
piazzetta di fianco, in fondo a cui era la casa del parroco; la lettiga
andò avanti verso quella della buona donna.
Don Abbondio fece quello che aveva pensato: appena smontato, fece i
più sviscerati complimenti all'innominato, e lo pregò di volerlo scusar
con monsignore; ché lui doveva tornare alla parrocchia addirittura, per
affari urgenti. Andò a cercare quel che chiamava il suo cavallo, cioè il
bastone che aveva lasciato in un cantuccio del salotto, e s'incamminò.
L'innominato stette a aspettare che il cardinale tornasse di chiesa.
La buona donna, fatta seder Lucia nel miglior luogo della sua cucina,
s'affaccendava a preparar qualcosa da ristorarla, ricusando, con una
certa rustichezza cordiale, i ringraziamenti e le scuse che questa
rinnovava ogni tanto.
Presto presto, rimettendo stipa sotto un calderotto, dove notava un
buon cappone, fece alzare il bollore al brodo, e riempitane una scodella
già guarnita di fette di pane, poté finalmente presentarla a Lucia. E
nel vedere la poverina a riaversi a ogni cucchiaiata, si congratulava ad
alta voce con se stessa che la cosa fosse accaduta in un giorno in cui,
com'essa diceva, non c'era il gatto nel fuoco. - Tutti s'ingegnano oggi
a far qualcosina, - aggiungeva: - meno que' poveri poveri che stentano a
aver pane di vecce e polenta di saggina; però oggi da un signore così
caritatevole sperano di buscar tutti qualcosa. Noi, grazie al cielo, non
siamo in questo caso: tra il mestiere di mio marito, e qualcosa che
abbiamo al sole, si campa. Sicché mangiate senza pensieri intanto; ché
presto il cappone sarà a tiro, e potrete ristorarvi un po' meglio -.
Così detto, ritornò ad accudire al desinare, e ad apparecchiare.
Lucia, tornatele alquanto le forze, e acquietandosele sempre più
l'animo, andava intanto assettandosi, per un'abitudine, per un istinto
di pulizia e di verecondia: rimetteva e fermava le trecce allentate e
arruffate, raccomodava il fazzoletto sul seno, e intorno al collo. In
far questo, le sue dita s'intralciarono nella corona che ci aveva messa,
la notte avanti; lo sguardo vi corse; si fece nella mente un tumulto
istantaneo; la memoria del voto, oppressa fino allora e soffogata da
tante sensazioni presenti, vi si suscitò d'improvviso, e vi comparve
chiara e distinta. Allora tutte le potenze del suo animo, appena
riavute, furon sopraffatte di nuovo, a un tratto: e se quell'animo non
fosse stato così preparato da una vita d'innocenza, di rassegnazione e
di fiducia, la costernazione che provò in quel momento, sarebbe stata
disperazione. Dopo un ribollimento di que' pensieri che non vengono con
parole, le prime che si formarono nella sua mente furono: "oh povera me,
cos'ho fatto!"
Ma non appena l'ebbe pensate, ne risentì come uno spavento. Le
tornarono in mente tutte le circostanze del voto, l'angoscia
intollerabile, il non avere una speranza di soccorso, il fervore della
preghiera, la pienezza del sentimento con cui la promessa era stata
fatta. E dopo avere ottenuta la grazia, pentirsi della promessa, le
parve un'ingratitudine sacrilega, una perfidia verso Dio e la Madonna;
le parve che una tale infedeltà le attirerebbe nuove e più terribili
sventure, in mezzo alle quali non potrebbe più sperare neppur nella
preghiera; e s'affrettò di rinnegare quel pentimento momentaneo. Si levò
con divozione la corona dal collo, e tenendola nella mano tremante,
confermò, rinnovò il voto, chiedendo nello stesso tempo, con una
supplicazione accorata, che le fosse concessa la forza d'adempirlo, che
le fossero risparmiati i pensieri e l'occasioni le quali avrebbero
potuto, se non ismovere il suo animo, agitarlo troppo. La lontananza di
Renzo, senza nessuna probabilità di ritorno, quella lontananza che fin
allora le era stata così amara, le parve ora una disposizione della
Provvidenza, che avesse fatti andare insieme i due avvenimenti per un
fine solo; e si studiava di trovar nell'uno la ragione d'esser contenta
dell'altro. E dietro a quel pensiero, s'andava figurando ugualmente che
quella Provvidenza medesima, per compir l'opera, saprebbe trovar la
maniera di far che Renzo si rassegnasse anche lui, non pensasse più...
Ma una tale idea, appena trovata, mise sottosopra la mente ch'era andata
a cercarla. La povera Lucia, sentendo che il cuore era lì lì per
pentirsi, ritornò alla preghiera, alle conferme, al combattimento, dal
quale s'alzò, se ci si passa quest'espressione, come il vincitore stanco
e ferito, di sopra il nemico abbattuto: non dico ucciso.
Tutt'a un tratto, si sente uno scalpiccìo, e un chiasso di voci
allegre. Era la famigliola che tornava di chiesa. Due bambinette e un
fanciullo entran saltando; si fermano un momento a dare un'occhiata
curiosa a Lucia, poi corrono alla mamma, e le s'aggruppano intorno: chi
domanda il nome dell'ospite sconosciuta, e il come e il perché; chi vuol
raccontare le maraviglie vedute: la buona donna risponde a tutto e a
tutti con un - zitti, zitti -. Entra poi, con un passo più quieto, ma
con una premura cordiale dipinta in viso, il padrone di casa. Era, se
non l'abbiamo ancor detto, il sarto del villaggio, e de' contorni; un
uomo che sapeva leggere, che aveva letto in fatti più d'una volta il
Leggendario de' Santi, il Guerrin meschino e i Reali di Francia, e
passava, in quelle parti, per un uomo di talento e di scienza: lode però
che rifiutava modestamente, dicendo soltanto che aveva sbagliato la
vocazione; e che se fosse andato agli studi, in vece di tant'altri...!
Con questo, la miglior pasta del mondo. Essendosi trovato presente
quando sua moglie era stata pregata dal curato d'intraprendere quel
viaggio caritatevole, non solo ci aveva data la sua approvazione, ma le
avrebbe fatto coraggio, se ce ne fosse stato bisogno. E ora che la
funzione, la pompa, il concorso, e soprattutto la predica del cardinale
avevano, come si dice, esaltati tutti i suoi buoni sentimenti, tornava a
casa con un'aspettativa, con un desiderio ansioso di sapere come la
cosa fosse riuscita, e di trovare la povera innocente salvata.
- Guardate un poco, - gli disse, al suo entrare, la buona donna,
accennando Lucia; la quale fece il viso rosso, s'alzò, e cominciava a
balbettar qualche scusa. Ma lui, avvicinatosele, l'interruppe facendole
una gran festa, e esclamando: - ben venuta, ben venuta! Siete la
benedizione del cielo in questa casa. Come son contento di vedervi qui!
Già ero sicuro che sareste arrivata a buon porto; perché non ho mai
trovato che il Signore abbia cominciato un miracolo senza finirlo bene;
ma son contento di vedervi qui. Povera giovine! Ma è però una gran cosa
d'aver ricevuto un miracolo!
Né si creda che fosse lui il solo a qualificar così
quell'avvenimento, perché aveva letto il Leggendario: per tutto il paese
e per tutt'i contorni non se ne parlò con altri termini, fin che ce ne
rimase la memoria. E, a dir la verità, con le frange che vi
s'attaccarono, non gli poteva convenire altro nome.
Accostatosi Poi passo passo alla moglie, che staccava il calderotto dalla catena, le disse sottovoce: - è andato bene ogni cosa?
- Benone: ti racconterò poi tutto.
- Sì, sì; con comodo.
Messo poi subito in tavola, la padrona andò a prender Lucia, ve
l'accompagnò, la fece sedere; e staccata un'ala di quel cappone, gliela
mise davanti; si mise a sedere anche lei e il marito, facendo tutt'e due
coraggio all'ospite abbattuta e vergognosa, perché mangiasse. Il sarto
cominciò, ai primi bocconi, a discorrere con grand'enfasi, in mezzo
all'interruzioni de' ragazzi, che mangiavano ritti intorno alla tavola, e
che in verità avevano viste troppe cose straordinarie, per fare alla
lunga la sola parte d'ascoltatori. Descriveva le cerimonie solenni, poi
saltava a parlare della conversione miracolosa. Ma ciò che gli aveva
fatto più impressione, e su cui tornava più spesso, era la predica del
cardinale.
- A vederlo lì davanti all'altare, - diceva, - un signore di quella sorte, come un curato...
- E quella cosa d'oro che aveva in testa... - diceva una bambinetta.
- Sta' zitta. A pensare, dico, che un signore di quella sorte, e un
uomo tanto sapiente, che, a quel che dicono, ha letto tutti i libri che
ci sono, cosa a cui non è mai arrivato nessun altro, né anche in Milano;
a pensare che sappia adattarsi a dir quelle cose in maniera che tutti
intendano...
- Ho inteso anch'io, - disse l'altra chiacchierina.
- Sta' zitta! cosa vuoi avere inteso, tu?
- Ho inteso che spiegava il Vangelo in vece del signor curato.
- Sta' zitta. Non dico chi sa qualche cosa; ché allora uno è
obbligato a intendere; ma anche i più duri di testa, i più ignoranti,
andavan dietro al filo del discorso. Andate ora a domandar loro se
saprebbero ripeter le parole che diceva: sì; non ne ripescherebbero una;
ma il sentimento lo hanno qui. E senza mai nominare quel signore, come
si capiva che voleva parlar di lui! E poi, per capire, sarebbe bastato
osservare quando aveva le lacrime agli occhi. E allora tutta la gente a
piangere...
- E proprio vero, - scappò fuori il fanciullo: - ma perché piangevan tutti a quel modo, come bambini?
- Sta' zitto. E sì che c'è de' cuori duri in questo paese. E ha fatto
proprio vedere che, benché ci sia la carestia, bisogna ringraziare il
Signore, ed esser contenti: far quel che si può, industriarsi, aiutarsi,
e poi esser contenti. Perché la disgrazia non è il patire, e l'esser
poveri; la disgrazia è il far del male. E non son belle parole; perché
si sa che anche lui vive da pover'uomo, e si leva il pane di bocca per
darlo agli affamati; quando potrebbe far vita scelta, meglio di chi si
sia. Ah! allora un uomo dà soddisfazione a sentirlo discorrere; non come
tant'altri, fate quello che dico, e non fate quel che fo. E poi ha
fatto proprio vedere che anche coloro che non son signori, se hanno più
del necessario, sono obbligati di farne parte a chi patisce.
Qui interruppe il discorso da sé, come sorpreso da un pensiero.
Stette un momento; poi mise insieme un piatto delle vivande ch'eran
sulla tavola, e aggiuntovi un pane, mise il piatto in un tovagliolo, e
preso questo per le quattro cocche, disse alla sua bambinetta maggiore: -
piglia qui -. Le diede nell'altra mano un fiaschetto di vino, e
soggiunse: - va' qui da Maria vedova; lasciale questa roba, e dille che è
per stare un po' allegra co' suoi bambini. Ma con buona maniera, ve';
che non paia che tu le faccia l'elemosina. E non dir niente, se incontri
qualcheduno; e guarda di non rompere.
Lucia fece gli occhi rossi, e sentì in cuore una tenerezza
ricreatrice; come già da' discorsi di prima aveva ricevuto un sollievo
che un discorso fatto apposta non le avrebbe potuto dare. L'animo
attirato da quelle descrizioni, da quelle fantasie di pompa, da quelle
commozioni di pietà e di maraviglia, preso dall'entusiasmo medesimo del
narratore, si staccava da' pensieri dolorosi di sé; e anche ritornandoci
sopra, si trovava più forte contro di essi. Il pensiero stesso del gran
sacrifizio, non già che avesse perduto il suo amaro, ma insiem con esso
aveva un non so che d'una gioia austera e solenne.
Poco dopo, entrò il curato del paese, e disse d'esser mandato dal
cardinale a informarsi di Lucia, ad avvertirla che monsignore voleva
vederla in quel giorno, e a ringraziare in suo nome il sarto e la
moglie. E questi e quella, commossi e confusi, non trovavan parole per
corrispondere a tali dimostrazioni d'un tal personaggio.
- E vostra madre non è ancora arrivata? - disse il curato a Lucia.
- Mia madre! - esclamò questa. Dicendole poi il curato, che l'aveva
mandata a prendere, d'ordine dell'arcivescovo, si mise il grembiule agli
occhi, e diede in un dirotto pianto, che durò un pezzo dopo che fu
andato via il curato. Quando poi gli affetti tumultuosi che le si erano
suscitati a quell'annunzio, cominciarono a dar luogo a pensieri più
posati, la poverina si ricordò che quella consolazione allora così
vicina, di riveder la madre, una consolazione così inaspettata poche ore
prima, era stata da lei espressamente implorata in quell'ore terribili,
e messa quasi come una condizione al voto. Fatemi tornar salva con mia madre,
aveva detto; e queste parole le ricomparvero ora distinte nella
memoria. Si confermò più che mai nel proposito di mantener la promessa, e
si fece di nuovo, e più amaramente, scrupolo di quel povera me! che le era scappato detto tra sé, nel primo momento.
Agnese infatti, quando si parlava di lei, era già poco lontana. È
facile pensare come la povera donna fosse rimasta, a quell'invito così
inaspettato, e a quella notizia, necessariamente tronca e confusa, d'un
pericolo, si poteva dir, cessato, ma spaventoso; d'un caso terribile,
che il messo non sapeva né circostanziare né spiegare; e lei non aveva a
che attaccarsi per ispiegarlo da sé. Dopo essersi cacciate le mani ne'
capelli, dopo aver gridato più volte: - ah Signore! ah Madonna! -, dopo
aver fatte al messo varie domande, alle quali questo non sapeva che
rispondere, era entrata in fretta e in furia nel baroccio, continuando
per la strada a esclamare e interrogare, senza profitto. Ma, a un certo
punto, aveva incontrato don Abbondio che veniva adagio adagio, mettendo
avanti, a ogni passo, il suo bastone. Dopo un - oh! - di tutt'e due le
parti, lui s'era fermato, lei aveva fatto fermare, ed era smontata; e
s'eran tirati in disparte in un castagneto che costeggiava la strada.
Don Abbondio l'aveva ragguagliata di ciò che aveva potuto sapere e
dovuto vedere. La cosa non era chiara; ma almeno Agnese fu assicurata
che Lucia era affatto in salvo; e respirò.
Dopo, don Abbondio era voluto entrare in un altro discorso, e darle
una lunga istruzione sulla maniera di regolarsi con l'arcivescovo, se
questo, com'era probabile, avesse desiderato di parlar con lei e con la
figliuola; e soprattutto che non conveniva far parola del matrimonio...
Ma Agnese, accorgendosi che il brav'uomo non parlava che per il suo
proprio interesse, l'aveva piantato, senza promettergli, anzi senza
risolver nulla; ché aveva tutt'altro da pensare. E s'era rimessa in
istrada.
Finalmente il baroccio arriva, e si ferma alla casa del sarto. Lucia
s'alza precipitosamente; Agnese scende, e dentro di corsa: sono nelle
braccia l'una dell'altra. La moglie del sarto, ch'era la sola che si
trovava lì presente, fa coraggio a tutt'e due, le acquieta, si rallegra
con loro, e poi, sempre discreta, le lascia sole, dicendo che andava a
preparare un letto per loro; che aveva il modo, senza incomodarsi; ma
che, in ogni caso, tanto lei, come suo marito, avrebbero piuttosto
voluto dormire in terra, che lasciarle andare a cercare un ricovero
altrove.
Passato quel primo sfogo d'abbracciamenti e di singhiozzi, Agnese
volle sapere i casi di Lucia, e questa si mise affannosamente a
raccontarglieli. Ma, come il lettore sa, era una storia che nessuno la
conosceva tutta; e per Lucia stessa c'eran delle parti oscure,
inesplicabili affatto. E principalmente quella fatale combinazione
d'essersi la terribile carrozza trovata lì sulla strada, per l'appunto
quando Lucia vi passava per un caso straordinario: su di che la madre e
la figlia facevan cento congetture, senza mai dar nel segno, anzi senza
neppure andarci vicino.
In quanto all'autor principale della trama, tanto l'una che l'altra
non potevano fare a meno di non pensare che fosse don Rodrigo.
- Ah anima nera! ah tizzone d'inferno! - esclamava Agnese: - ma verrà
la sua ora anche per lui. Domeneddio lo pagherà secondo il merito; e
allora proverà anche lui...
- No, no, mamma; no! - interruppe Lucia: - non gli augurate di
patire, non l'augurate a nessuno! Se sapeste cosa sia patire! Se aveste
provato! No, no! preghiamo piuttosto Dio e la Madonna per lui: che Dio
gli tocchi il cuore, come ha fatto a quest'altro povero signore, ch'era
peggio di lui; e ora è un santo.
Il ribrezzo che Lucia provava nel tornare sopra memorie così recenti e
così crudeli, la fece più d'una volta restare a mezzo; più d'una volta
disse che non le bastava l'animo di continuare, e dopo molte lacrime,
riprese la parola a stento. Ma un sentimento diverso la tenne sospesa, a
un certo punto del racconto: quando fu al voto. Il timore che la madre
le desse dell'imprudente e della precipitosa; e che, come aveva fatto
nell'affare del matrimonio, mettesse in campo qualche sua regola larga
di coscienza, e volesse fargliela trovar giusta per forza; o che, povera
donna, dicesse la cosa a qualcheduno in confidenza, se non altro per
aver lume e consiglio, e la facesse così divenir pubblica, cosa che
Lucia, solamente a pensarci, si sentiva venire il viso rosso; anche una
certa vergogna della madre stessa, una ripugnanza inesplicabile a
entrare in quella materia; tutte queste cose insieme fecero che nascose
quella circostanza importante, proponendosi di farne prima la confidenza
al padre Cristoforo. Ma come rimase allorché, domandando di lui, si
sentì rispondere che non c'era più, ch'era stato mandato in un paese
lontano lontano, in un paese che aveva un certo nome!
- E Renzo? - disse Agnese.
- È in salvo, n'è vero? - disse ansiosamente Lucia.
- Questo è sicuro, perché tutti lo dicono; si tien per certo che si
sia ricoverato sul bergamasco; ma il luogo proprio nessuno lo sa dire: e
lui finora non ha mai fatto saper nulla. Che non abbia ancora trovata
la maniera.
- Ah, se è in salvo, sia ringraziato il Signore! - disse Lucia; e
cercava di cambiar discorso; quando il discorso fu interrotto da una
novità inaspettata: la comparsa del cardinale arcivescovo.
Questo, tornato di chiesa, dove l'abbiam lasciato, sentito
dall'innominato che Lucia era arrivata, sana e salva, era andato a
tavola con lui, facendoselo sedere a destra, in mezzo a una corona di
preti, che non potevano saziarsi di dare occhiate a quell'aspetto così
ammansato senza debolezza, così umiliato senza abbassamento, e di
paragonarlo con l'idea che da lungo tempo s'eran fatta del personaggio.
Finito di desinare, loro due s'eran ritirati di nuovo insieme. Dopo
un colloquio che durò molto più del primo, l'innominato era partito per
il suo castello, su quella stessa mula della mattina; e il cardinale,
fatto chiamare il curato, gli aveva detto che desiderava d'esser
condotto alla casa dov'era ricoverata Lucia.
- Oh! monsignore, - aveva risposto il curato, - non s'incomodi:
manderò io subito ad avvertire che venga qui la giovine, la madre, se è
arrivata, anche gli ospiti, se monsignore li vuole, tutti quelli che
desidera vossignoria illustrissima.
- Desidero d'andar io a trovarli, - aveva replicato Federigo.
- Vossignoria illustrissima non deve incomodarsi: manderò io subito a
chiamarli: è cosa d'un momento, - aveva insistito il curato
guastamestieri (buon uomo del resto), non intendendo che il cardinale
voleva con quella visita rendere onore alla sventura, all'innocenza,
all'ospitalità e al suo proprio ministero in un tempo. Ma, avendo il
superiore espresso di nuovo il medesimo desiderio, l'inferiore s'inchinò
e si mosse.
Quando i due personaggi furon veduti spuntar nella strada, tutta la
gente che c'era andò verso di loro; e in pochi momenti n'accorse da ogni
parte, camminando loro ai fianchi chi poteva, e gli altri dietro, alla
rinfusa. Il curato badava a dire: - via, indietro, ritiratevi; ma! ma! -
Federigo gli diceva: - lasciateli fare, - e andava avanti, ora alzando
la mano a benedir la gente, ora abbassandola ad accarezzare i ragazzi
che gli venivan tra' piedi. Così arrivarono alla casa, e c'entrarono: la
folla rimase ammontata al di fuori. Ma nella folla si trovava anche il
sarto, il quale era andato dietro come gli altri, con gli occhi fissi e
con la bocca aperta, non sapendo dove si riuscirebbe. Quando vide quel
dove inaspettato, si fece far largo, pensate con che strepito, gridando e
rigridando: - lasciate passare chi ha da passare -; e entrò.
Agnese e Lucia sentirono un ronzìo crescente nella strada; mentre
pensavano cosa potesse essere, videro l'uscio spalancarsi, e comparire
il porporato col parroco.
- È quella? - domandò il primo al secondo; e, a un cenno affermativo,
andò verso Lucia, ch'era rimasta lì con la madre, tutt'e due immobili e
mute dalla sorpresa e dalla vergogna. Ma il tono di quella voce,
l'aspetto, il contegno, e soprattutto le parole di Federigo l'ebbero
subito rianimate. - Povera giovine, - cominciò: - Dio ha permesso che
foste messa a una gran prova; ma v'ha anche fatto vedere che non aveva
levato l'occhio da voi, che non v'aveva dimenticata. V'ha rimessa in
salvo; e s'è servito di voi per una grand'opera, per fare una gran
misericordia a uno, e per sollevar molti nello stesso tempo.
Qui comparve nella stanza la padrona, la quale, al rumore, s'era
affacciata anch'essa alla finestra, e avendo veduto chi le entrava in
casa, aveva sceso le scale, di corsa, dopo essersi raccomodata alla
meglio; e quasi nello stesso tempo, entrò il sarto da un altr'uscio.
Vedendo avviato il discorso, andarono a riunirsi in un canto, dove
rimasero con gran rispetto. Il cardinale, salutatili cortesemente,
continuò a parlar con le donne, mescolando ai conforti qualche domanda,
per veder se nelle risposte potesse trovar qualche congiuntura di far
del bene a chi aveva tanto patito.
- Bisognerebbe che tutti i preti fossero come vossignoria, che
tenessero un po' dalla parte de' poveri, e non aiutassero a metterli in
imbroglio, per cavarsene loro, - disse Agnese, animata dal contegno così
famigliare e amorevole di Federigo, e stizzita dal pensare che il
signor don Abbondio, dopo aver sempre sacrificati gli altri, pretendesse
poi anche d'impedir loro un piccolo sfogo, un lamento con chi era al di
sopra di lui, quando, per un caso raro, n'era venuta l'occasione.
- Dite pure tutto quel che pensate, - disse il cardinale: - parlate liberamente.
- Voglio dire che, se il nostro signor curato avesse fatto il suo dovere, la cosa non sarebbe andata così.
Ma facendole il cardinale nuove istanze perché si spiegasse meglio,
quella cominciò a trovarsi impicciata a dover raccontare una storia
nella quale aveva anch'essa una parte che non si curava di far sapere,
specialmente a un tal personaggio. Trovò però il verso d'accomodarla con
un piccolo stralcio: raccontò del matrimonio concertato, del rifiuto di
don Abbondio, non lasciò fuori il pretesto de' superiori che
lui aveva messo in campo (ah, Agnese!); e saltò all'attentato di don
Rodrigo, e come, essendo stati avvertiti, avevano potuto scappare. - Ma
sì, - soggiunse e concluse: - scappare per inciamparci di nuovo. Se in
vece il signor curato ci avesse detto sinceramente la cosa, e avesse
subito maritati i miei poveri giovani, noi ce n'andavamo via subito,
tutti insieme, di nascosto, lontano, in luogo che né anche l'aria non
l'avrebbe saputo. Così s'è perduto tempo; ed è nato quel che è nato.
- Il signor curato mi renderà conto di questo fatto, - disse il cardinale.
- No, signore, no, signore, - disse subito Agnese: - non ho parlato
per questo: non lo gridi, perché già quel che è stato è stato; e poi non
serve a nulla: è un uomo fatto così: tornando il caso, farebbe lo
stesso.
Ma Lucia, non contenta di quella maniera di raccontar la storia,
soggiunse: - anche noi abbiamo fatto del male: si vede che non era la
volontà del Signore che la cosa dovesse riuscire.
- Che male avete potuto far voi, povera giovine? - disse Federigo.
Lucia, malgrado gli occhiacci che la madre cercava di farle alla
sfuggita, raccontò la storia del tentativo fatto in casa di don
Abbondio; e concluse dicendo: - abbiam fatto male; e Dio ci ha
gastigati.
- Prendete dalla sua mano i patimenti che avete sofferti, e state di
buon animo, - disse Federigo: - perché, chi avrà ragione di rallegrarsi e
di sperare, se non chi ha patito, e pensa ad accusar se medesimo?
Domandò allora dove fosse il promesso sposo, e sentendo da Agnese
(Lucia stava zitta, con la testa e gli occhi bassi) ch'era scappato dal
suo paese, ne provò e ne mostrò maraviglia e dispiacere; e volle sapere
il perché.
Agnese raccontò alla meglio tutto quel poco che sapeva della storia di Renzo.
- Ho sentito parlare di questo giovine, - disse il cardinale: - ma
come mai uno che si trovò involto in affari di quella sorte, poteva
essere in trattato di matrimonio con una ragazza così?
- Era un giovine dabbene, - disse Lucia, facendo il viso rosso, ma con voce sicura.
- Era un giovine quieto, fin troppo, - soggiunse Agnese: - e questo
lo può domandare a chi si sia, anche al signor curato. Chi sa che
imbroglio avranno fatto laggiù, che cabale? I poveri, ci vuol poco a
farli comparir birboni.
È vero pur troppo, - disse il cardinale: - m'informerò di lui senza
dubbio -: e fattosi dire nome e cognome del giovine, ne prese l'appunto
sur un libriccin di memorie. Aggiunse poi che contava di portarsi al
loro paese tra pochi giorni, che allora Lucia potrebbe venir là senza
timore, e che intanto penserebbe lui a provvederla d'un luogo dove
potesse esser al sicuro, fin che ogni cosa fosse accomodata per il
meglio.
Si voltò quindi ai padroni di casa, che vennero subito avanti.
Rinnovò i ringraziamenti che aveva fatti fare dal curato, e domandò se
sarebbero stati contenti di ricoverare, per que' pochi giorni, le ospiti
che Dio aveva loro mandate.
- Oh! sì signore, - rispose la donna, con un tono di voce e con un
viso ch'esprimeva molto più di quell'asciutta risposta, strozzata dalla
vergogna. Ma il marito, messo in orgasmo dalla presenza d'un tale
interrogatore, dal desiderio di farsi onore in un'occasione di tanta
importanza, studiava ansiosamente qualche bella risposta. Raggrinzò la
fronte, torse gli occhi in traverso, strinse le labbra, tese a tutta
forza l'arco dell'intelletto, cercò, frugò, sentì di dentro un cozzo
d'idee monche e di mezze parole: ma il momento stringeva; il cardinale
accennava già d'avere interpretato il silenzio: il pover'uomo aprì la
bocca, e disse: - si figuri! - Altro non gli volle venire. Cosa, di cui
non solo rimase avvilito sul momento; ma sempre poi quella rimembranza
importuna gli guastava la compiacenza del grand'onore ricevuto. E quante
volte, tornandoci sopra, e rimettendosi col pensiero in quella
circostanza, gli venivano in mente, quasi per dispetto, parole che tutte
sarebbero state meglio di quell'insulso si figuri! Ma, come dice un antico proverbio, del senno di poi ne son piene le fosse.
Il cardinale partì, dicendo: - la benedizione del Signore sia sopra questa casa.
Domandò poi la sera al curato come si sarebbe potuto in modo
convenevole ricompensare quell'uomo, che non doveva esser ricco,
dell'ospitalità costosa, specialmente in que' tempi. Il curato rispose
che, per verità, né i guadagni della professione, né le rendite di certi
campicelli, che il buon sarto aveva del suo, non sarebbero bastate, in
quell'annata, a metterlo in istato d'esser liberale con gli altri; ma
che, avendo fatto degli avanzi negli anni addietro, si trovava de' più
agiati del contorno, e poteva far qualche spesa di più, senza dissesto,
come certo faceva questa volentieri; e che, del rimanente, non ci
sarebbe stato verso di fargli accettare nessuna ricompensa.
- Avrà probabilmente, - disse il cardinale, - crediti con gente che non può pagare.
- Pensi, monsignore illustrissimo: questa povera gente paga con quel
che le avanza della raccolta: l'anno scorso, non avanzò nulla; in
questo, tutti rimangono indietro del necessario.
- Ebbene, - disse Federigo: - prendo io sopra di me tutti que'
debiti; e voi mi farete il piacere d'aver da lui la nota delle partite, e
di saldarle.
- Sarà una somma ragionevole.
- Tanto meglio: e avrete pur troppo di quelli ancor più bisognosi, che non hanno debiti perché non trovan credenza.
- Eh, pur troppo! Si fa quel che si può; ma come arrivare a tutto, in tempi di questa sorte?
- Fate che lui li vesta a mio conto, e pagatelo bene. Veramente, in
quest'anno, mi par rubato tutto ciò che non va in pane; ma questo è un
caso particolare.
Non vogliam però chiudere la storia di quella giornata, senza raccontar brevemente come la terminasse l'innominato.
Questa volta, la nuova della sua conversione l'aveva preceduto nella
valle; vi s'era subito sparsa, e aveva messo per tutto uno
sbalordimento, un'ansietà, un cruccio, un susurro. Ai primi bravi, o
servitori (era tutt'uno) che vide, accennò che lo seguissero: e così di
mano in mano. Tutti venivan dietro, con una sospensione nuova, e con la
suggezione solita; finché, con un seguito sempre crescente, arrivò al
castello. Accennò a quelli che si trovavan sulla porta, che gli
venissero dietro con gli altri; entrò nel primo cortile, andò verso il
mezzo, e lì, essendo ancora a cavallo, mise un suo grido tonante: era il
segno usato, al quale accorrevano tutti que' suoi che l'avessero
sentito. In un momento, quelli ch'erano sparsi per il castello, vennero
dietro alla voce, e s'univano ai già radunati, guardando tutti il
padrone.
- Andate ad aspettarmi nella sala grande, - disse loro; e dall'alto
della sua cavalcatura, gli stava a veder partire. Ne scese poi, la menò
lui stesso alla stalla, e andò dov'era aspettato. Al suo apparire, cessò
subito un gran bisbiglìo che c'era; tutti si ristrinsero da una parte,
lasciando voto per lui un grande spazio della sala: potevano essere una
trentina.
L'innominato alzò la mano, come per mantener quel silenzio
improvviso; alzò la testa, che passava tutte quelle della brigata, e
disse: - ascoltate tutti, e nessuno parli, se non è interrogato.
Figliuoli! la strada per la quale siamo andati finora, conduce nel fondo
dell'inferno. Non è un rimprovero ch'io voglia farvi, io che sono
avanti a tutti, il peggiore di tutti; ma sentite ciò che v'ho da dire.
Dio misericordioso m'ha chiamato a mutar vita; e io la muterò, l'ho già
mutata: così faccia con tutti voi. Sappiate dunque, e tenete per fermo
che son risoluto di prima morire che far più nulla contro la sua santa
legge. Levo a ognun di voi gli ordini scellerati che avete da me; voi
m'intendete; anzi vi comando di non far nulla di ciò che v'era
comandato. E tenete per fermo ugualmente, che nessuno, da qui avanti,
potrà far del male con la mia protezione, al mio servizio. Chi vuol
restare a questi patti, sarà per me come un figliuolo: e mi troverei
contento alla fine di quel giorno, in cui non avessi mangiato per
satollar l'ultimo di voi, con l'ultimo pane che mi rimanesse in casa.
Chi non vuole, gli sarà dato quello che gli è dovuto di salario, e un
regalo di più: potrà andarsene; ma non metta più piede qui: quando non
fosse per mutar vita; che per questo sarà sempre ricevuto a braccia
aperte. Pensateci questa notte: domattina vi chiamerò, a uno a uno, a
darmi la risposta; e allora vi darò nuovi ordini. Per ora, ritiratevi,
ognuno al suo posto. E Dio che ha usato con me tanta misericordia, vi
mandi il buon pensiero.
Qui finì, e tutto rimase in silenzio. Per quanto vari e tumultuosi
fossero i pensieri che ribollivano in que' cervellacci, non ne apparve
di fuori nessun segno. Erano avvezzi a prender la voce del loro signore
come la manifestazione d'una volontà con la quale non c'era da ripetere:
e quella voce, annunziando che la volontà era mutata, non dava punto
indizio che fosse indebolita. A nessuno di loro passò neppur per la
mente che, per esser lui convertito, si potesse prendergli il
sopravvento, rispondergli come a un altr'uomo. Vedevano in lui un santo,
ma un di que' santi che si dipingono con la testa alta, e con la spada
in pugno. Oltre il timore, avevano anche per lui (principalmente quelli
ch'eran nati sul suo, ed erano una gran parte) un'affezione come
d'uomini ligi; avevan poi tutti una benevolenza d'ammirazione; e alla
sua presenza sentivano una specie di quella, dirò pur così, verecondia,
che anche gli animi più zotici e più petulanti provano davanti a una
superiorità che hanno già riconosciuta. Le cose poi che allora avevan
sentite da quella bocca, erano bensì odiose a' loro orecchi, ma non
false né affatto estranee ai loro intelletti: se mille volte se n'eran
fatti beffe, non era già perché non le credessero, ma per prevenir con
le beffe la paura che gliene sarebbe venuta, a pensarci sul serio. E
ora, a veder l'effetto di quella paura in un animo come quello del loro
padrone, chi più, chi meno, non ce ne fu uno che non gli se
n'attaccasse, almeno per qualche tempo. S'aggiunga a tutto ciò, che
quelli tra loro che, trovandosi la mattina fuor della valle, avevan
risaputa per i primi la gran nuova, avevano insieme veduto, e avevano
anche riferito la gioia, la baldanza della popolazione, l'amore e la
venerazione per l'innominato, ch'erano entrati in luogo dell'antico odio
e dell'antico terrore. Di maniera che, nell'uomo che avevan sempre
riguardato, per dir così, di basso in alto, anche quando loro medesimi
erano in gran parte la sua forza, vedevano ora la maraviglia, l'idolo
d'una moltitudine; lo vedevano al di sopra degli altri, ben diversamente
di prima, ma non meno; sempre fuori della schiera comune, sempre capo.
Stavano adunque sbalorditi, incerti l'uno dell'altro, e ognun di sé.
Chi si rodeva, chi faceva disegni del dove sarebbe andato a cercar
ricovero e impiego; chi s'esaminava se avrebbe potuto adattarsi a
diventar galantuomo; chi anche, tocco da quelle parole, se ne sentiva
una certa inclinazione; chi, senza risolver nulla, proponeva di
prometter tutto a buon conto, di rimanere intanto a mangiare quel pane
offerto così di buon cuore, e allora così scarso, e d'acquistar tempo:
nessuno fiatò. E quando l'innominato, alla fine delle sue parole, alzò
di nuovo quella mano imperiosa per accennar che se n'andassero, quatti
quatti, come un branco di pecore, tutti insieme se la batterono. Uscì
anche lui, dietro a loro, e, piantatosi prima nel mezzo del cortile,
stette a vedere al barlume come si sbrancassero, e ognuno s'avviasse al
suo posto. Salito poi a prendere una sua lanterna, girò di nuovo i
cortili, i corridoi, le sale, visitò tutte l'entrature, e, quando vide
ch'era tutto quieto, andò finalmente a dormire. Sì, a dormire; perché
aveva sonno.
Affari intralciati, e insieme urgenti, per quanto ne fosse sempre
andato in cerca, non se n'era mai trovati addosso tanti, in nessuna
congiuntura, come allora; eppure aveva sonno. I rimorsi che gliel avevan
levato la notte avanti, non che essere acquietati, mandavano anzi grida
più alte, più severe, più assolute; eppure aveva sonno. L'ordine, la
specie di governo stabilito là dentro da lui in tant'anni, con tante
cure, con un tanto singolare accoppiamento d'audacia e di perseveranza,
ora l'aveva lui medesimo messo in forse, con poche parole; la dipendenza
illimitata di que' suoi, quel loro esser disposti a tutto, quella
fedeltà da masnadieri, sulla quale era avvezzo da tanto tempo a
riposare, l'aveva ora smossa lui medesimo; i suoi mezzi, gli aveva fatti
diventare un monte d'imbrogli, s'era messa la confusione e l'incertezza
in casa; eppure aveva sonno.
Andò dunque in camera, s'accostò a quel letto in cui la notte avanti
aveva trovate tante spine; e vi s'inginocchiò accanto, con l'intenzione
di pregare. Trovò in fatti in un cantuccio riposto e profondo della
mente, le preghiere ch'era stato ammaestrato a recitar da bambino;
cominciò a recitarle; e quelle parole, rimaste lì tanto tempo ravvolte
insieme, venivano l'una dopo l'altra come sgomitolandosi. Provava in
questo un misto di sentimenti indefinibile; una certa dolcezza in quel
ritorno materiale all'abitudini dell'innocenza; un inasprimento di
dolore al pensiero dell'abisso che aveva messo tra quel tempo e questo;
un ardore d'arrivare, con opere di espiazione, a una coscienza nuova, a
uno stato il più vicino all'innocenza, a cui non poteva tornare; una
riconoscenza, una fiducia in quella misericordia che lo poteva condurre a
quello stato, e che gli aveva già dati tanti segni di volerlo.
Rizzatosi poi, andò a letto, e s'addormentò immediatamente.
Così terminò quella giornata, tanto celebre ancora quando scriveva il
nostro anonimo; e ora, se non era lui, non se ne saprebbe nulla, almeno
de' particolari; giacché il Ripamonti e il Rivola, citati di sopra, non
dicono se non che quel sì segnalato tiranno, dopo un abboccamento con
Federigo, mutò mirabilmente vita, e per sempre. E quanti son quelli che
hanno letto i libri di que' due? Meno ancora di quelli che leggeranno il
nostro. E chi sa se, nella valle stessa, chi avesse voglia di cercarla,
e l'abilità di trovarla, sarà rimasta qualche stracca e confusa
tradizione del fatto? Son nate tante cose da quel tempo in poi!
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