Cappellano crocifero

È il sacerdote che svolge le funzioni di segretario particolare del cardinal Borromeo, solitamente addetto a portare la croce nelle funzioni solenni (da qui il nome): compare nel cap. XXII, allorché l'innominato si reca a visitare il cardinale e si incarica di riferire al prelato la presenza del famoso bandito, cosa che fa non senza remore e timori. In seguito annunzia a Federigo che l'innominato vuole vederlo (XXIII) e si mostra assai stupito dell'entusiasmo del cardinale, tentando inutilmente di metterlo in guardia circa la possibilità, invero assai remota, che il bandito sia lì per assassinarlo. Introduce poi l'innominato nella sala e, in seguito al colloquio tra i due, è richiamato dal Borromeo che gli chiede se tra i parroci riuniti lì vi sia anche quello del paese dei due promessi, ovvero don Abbondio, al che il cappellano risponde di sì. Gli viene ordinato di chiamare lui e il curato di quella parrocchia e il cappellano svolge l'ambasciata, suscitando la viva sorpresa di don Abbondio che esita non poco a seguirlo dal cardinale. Si occupa infine di fare sellare le due mule che dovranno portare don Abbondio e l'innominato al castello, per liberare Lucia, e di allestire la lettiga che dovrà portare la moglie del sarto e poi la stessa Lucia dopo la sua liberazione. Compare ancora nel cap. XXV, in occasione della visita del cardinale al paese di don Abbondio, durante la quale lo vediamo portare appunto la croce in processione, in sella a una mula; più avanti introduce dal prelato Agnese e Lucia, dopo aver dato loro istruzioni circa il modo in cui rivolgersi al cardinale (l'autore osserva con ironia che l'uomo si preoccupa eccessivamente del "poco ordine" che regna intorno al suo superiore e della troppa confidenza che alcuni usano con lui, approfittando della sua benevolenza). È presentato come un personaggio comico, goffo nel suo zelo esagerato e nei suoi timori riguardo al cardinale, facendo una sorta di contrappunto umoristico ai modi solenni e pieni di carità del suo superiore; rimane pieno di stupore di fronte alla conversione dell'innominato, comunicandola poi ai curati presenti con la frase biblica haec mutatio dexterae Excelsi ("questa conversione è opera della mano dell'Altissimo").

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