Don Gonzalo Fernandez de Cordoba

È il governatore dello Stato di Milano, carica che esercitò dal 1626 al 1629 durante il dominio spagnolo in Lombardia: personaggio storico (ca. 1590-1635), fu condottiero delle forze spagnole e si distinse in Fiandra e nel Palatinato, riportando la vittoria di Fleurus; combatté al fianco di Carlo Emanuele I di Savoia nella guerra di Mantova, cingendo d'assedio Casale per poi ritirarsi nel marzo 1629, in seguito all'intervento delle truppe francesi. Fu successivamente rimosso dalla carica di governatore e divenne ambasciatore a Parigi nel 1632, partecipando nuovamente alle guerre in Fiandra e nel Palatinato.
Nel romanzo non compare mai direttamente come personaggio, anche se è spesso citato quale governatore di Milano e occasionalmente è coinvolto nelle vicende di fantasia dei protagonisti: nel cap. XII l'autore ricostruisce le cause della carestia che affligge il Milanese e ricorda che don Gonzalo è impegnato nell'assedio di Casale del Monferrato, mentre il gran cancelliere Ferrer in sua assenza impone un calmiere sul prezzo del pane; il governatore nomina in seguito una giunta per decidere in merito alla questione e la revoca del calmiere stabilita da quest'ultima scatena di fatto il tumulto di S. Martino. L'assedio di Casale va per le lunghe e lo scrittore riferisce nel cap. XXVII che don Gonzalo si lamenta per il poco aiuto offerto dalla corte spagnola e per la condotta non limpida dell'alleato sabaudo, osservando con ironia che, secondo alcuni storici, le operazioni sono rallentate "per i molti spropositi che faceva". In seguito alla sommossa dell'11 novembre 1628 è costretto a rientrare precipitosamente a Milano e, in occasione di una visita ufficiale del residente di Venezia (la Repubblica era potenziale alleata dei Francesi) si lamenta del fatto che lo Stato vicino abbia offerto asilo a Renzo, fuggito in seguito ai disordini di S. Martino; la Repubblica svolge alcune indagini superficiali nel territorio di Bergamo che non danno alcun esito e quando viene riferita la risposta al governatore, tornato all'assedio di Casale, questi alza la testa "come un baco da seta che cerchi la foglia", si ricorda in modo fugace della questione sollevata a suo tempo e poi non ci pensa più (la vicenda è ovviamente invenzione del romanziere, ma serve a caratterizzare don Gonzalo come un politico superficiale e vanesio).
Viene citato occasionalmente quale autore di gride e provvedimenti per ribassare il prezzo del pane in seguito alla rivolta di novembre 1628 (cap. XXVIII), mentre viene ricordato che in seguito all'intervento delle truppe francesi è costretto a togliere l'assedio da Casale, nella primavera del 1629. L'eventualità sempre più concreta di un passaggio dei Lanzichenecchi in Lombardia per porre l'assedio a Mantova e, conseguentemente, il timore che ciò diffonda il contagio della peste, spingono il membro del Tribunale di Sanità Alessandro Tadino a rappresentare la cosa al governatore, il quale però sottovaluta il pericolo e risponde che "non sapeva che farci", poiché le ragioni per cui quell'esercito si è mosso sono di ordine superiore e, quindi, bisogna confidare nella Provvidenza divina. Poco dopo Gonzalo viene rimosso dalla carica di governatore per il cattivo esito della guerra da lui promossa e lascia Milano tra i fischi e le rimostranze del popolo, che lo accusa per la fame sofferta e gli imputa l'incuria dimostrata nel suo governo, senza contare la negligenza adoperata nel fronteggiare il rischio della peste; verrà sostituito dal genovese Ambrogio Spinola e in seguito (cap. XXXI) la voce popolare lo indicherà come il mandante degli untori durante la peste, quale vendetta "per gl'insulti ricevuti nella sua partenza".
Il personaggio viene spesso tratteggiato in maniera impietosa dall'autore, che lo rappresenta come un politico incompetente e ambizioso, interessato più alla gloria personale e alle vicende della guerra che non alla popolazione milanese affidata al suo governo, esponente di quegli uomini di Stato del tutto inadeguati al ruolo che ricoprono (esempio analogo è Antonio Ferrer, corresponsabile nella dissennata gestione della carestia del 1628).

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